ANGELA NAPOLI. Presidente Giampaolino, lei ha premesso e poi ribadito la bontà di questo progetto, così come pervenuta dal Senato, in particolare per quanto riguarda l’approccio alla problematica legata all’impostazione prevalentemente di ordine amministrativo e non penalistico.
Le chiedo in primo luogo se si sente sicuro di poter accertare o fare affidamento sull’imparzialità dell’amministrazione centrale. In secondo luogo, se la corruzione è un reato e se all’interno della stessa è possibile l’infiltrazione della criminalità organizzata, in molti casi accertata, come si può reprimere e non prevenire – il discorso della prevenzione è un altro – il reato di corruzione solo facendo affidamento sugli interventi amministrativi, escludendo l’ambito penale?
PIERLUIGI MANTINI. Anch’io ringrazio molto il presidente Giampaolino. Condivido naturalmente l’approccio in base al quale forse sarebbe utile una macro-fattispecie dal punto di vista penale che riunisca corruzione e concussione, così come ci viene raccomandato anche in sede europea. Al di là dei ritocchi e degli strumenti penalistici, sono però molto importanti tutta la parte amministrativa preventiva e i rimedi.
Toccherò un solo punto, fidando sulla ben nota, acclarata e autorevolissima esperienza del Presidente Giampaolino anche nell’ Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici di lavori, servizi e forniture. Lo faccio in modo quasi maniacale – devo dire la verità a me stesso – perché in più occasioni ho sollecitato la riflessione su questo tema. Io trovo che, al di là dell’autorità sulla corruzione, della CiVIT e di altri aspetti che pure sono stati sottolineati, non c’è dubbio che alcuni rimedi interni alle pubbliche amministrazioni siano necessari.
Che gli uffici si occupino anche di best practice, come la rotazione dei funzionari, dovrebbe essere una norma di buona efficienza e di attenzione al tema. Sono strumenti necessari al funzionamento vitale del corpo amministrativo. Poi occorre anche l’authority indipendente, quale punto di riferimento.
Trovo, però, che alcune materie siano più importanti di altre. La corruzione si annida – e perciò penso che la concussione sia ormai un reato sfocato – non tanto negli atti dovuti, cioè negli atti amministrativi vincolati, quanto nell’attività discrezionale, nel fare o non fare la gara, nell’affidare commesse di vario tipo, appalti, servizi opere e altro o in certe decisioni di natura urbanistica. È lì che si ha merce di scambio.
Ritengo ancora inappropriato che alcune autorità, come l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, non abbiano alcun potere, se non di bloccare o ritardare, quantomeno di segnalare anomalie in corso d’opera. Ogni qual volta dovrebbe svolgersi una gara o una gara europea e questo non avviene o c’è una grave anomalia in una gara europea bisognerebbe intervenire subito. Nove volte su dieci quel fenomeno, portato agli estremi, determina danni per lo Stato e probabilmente nasconde anche fenomeni corruttivi.
Uno dei rimedi da considerare in questo disegno di legge è anche quello di assegnare alle autorità indipendenti, e forse anche all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, quanto meno un potere di intervento preventivo sulle gravi anomalie in assenza di gare e gare europee con lesione del principio di concorrenza, con l’obbligo di riesame da parte della stazione appaltante che sta sbagliando.
Vorrei la sua opinione su questo punto.
MARILENA SAMPERI. Anch’io ringrazio il presidente della Corte dei conti. Per valutare le misure adottate nel provvedimento credo che dobbiamo partire dalla consapevolezza della gravità del fenomeno che stiamo analizzando. Ho letto in una relazione della Corte dei conti che la quantificazione, il costo per lo Stato e per i cittadini del fenomeno della corruzione è pari a 70 miliardi l’anno. È una cifra che lei conferma?
DONATELLA FERRANTI. Ringrazio il presidente Giampaolino. Ho avuto modo di leggere il contenuto della sua audizione al Senato e ho notato alcune critiche sicuramente più ferme rispetto al disegno di legge. Soprattutto in merito all’indipendenza della CiVIT il testo è stato migliorato, anche se non definitivamente a nostro avviso.
Per noi è importante capire la sua posizione. Lei ha mosso alcune critiche ancora attuali. Mentre prima era previsto un completo asservimento e inquadramento dell’autorità nell’ambito della Presidenza del Consiglio e del Dipartimento della funzione pubblica, attualmente l’autorità sembrerebbe avere una parvenza di indipendenza.
Però, occorre verificare i criteri di nomina dei membri della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche che diventa Autorità nazionale anticorruzione. I requisiti di nomina sono di derivazione della Presidenza del Consiglio.
Perlomeno noi dell’opposizione non vorremmo approvare un provvedimento roboante, dando vita alla solita autorità che in realtà non possiede poteri effettivi per incidere su questo fenomeno che vogliamo aggredire anche in via di prevenzione e in via amministrativa, ma non solo.
Sarebbe meglio evitare di affermare che questo provvedimento mira alla prevenzione e alla repressione della corruzione e dell’illegalità attraverso un’autorità che di fatto nei suoi componenti non è sganciata dall’esecutivo. Inoltre mi chiedo come si potrebbe attuare il coordinamento. Quali sono i suoi suggerimenti concreti sia per i requisiti di nomina, sia per i rapporti con il Dipartimento della funzione pubblica, sia per i poteri di questa autorità?
Al comma 3 dell’articolo 1 si dispone che la Commissione può esercitare poteri ispettivi chiedendo notizie, informazioni, atti e documenti e ordina la rimozione dei comportamenti. A mio avviso, per esempio, dovrebbe essere verificato che l’ordine sia stato eseguito ed eseguito in maniera adeguata. Come lei sa, l’esercizio dell’attività amministrativa può assumere tante sfumature.
Vorrei entrare nel vivo di questa Autorità nazionale anticorruzione, di questa Commissione che ha anche il ruolo di autorità, anche se io avrei preferito organismi interni a ciascuna pubblica amministrazione. Questi «macchinoni» esterni sono sempre fonte di incarichi, ma difficilmente penetrano nei meandri della pubblica amministrazione centrale e periferica.
Vorrei sapere quali sono, in concreto, i suoi suggerimenti per migliorare, se è possibile, questo disegno di legge.
FRANCESCO PAOLO SISTO. Condivido la chiusa della relazione scritta del presidente Giampaolino e il convincimento che prevenire è meglio che combattere. Non è certamente con il rafforzamento formale delle sanzioni, soprattutto nei rapporti fra la giurisdizione contabile e quella penale, che si possono raggiungere dei risultati.
Alla fine della relazione lei afferma che «la programmazione delle azioni di verifica, attraverso la quale i settori che saranno sottoposti a controllo sono resi noti, rende meno incisivo l’effetto di deterrenza». In altre parole, questo tipo di programmazione o meglio la mancanza di una randomizzazione dei controlli vanificherebbe l’incisività dei controlli stessi.
Volevo chiederle, premesso che il metodo è sempre più importante del merito, come suggerirebbe di rendere eventualmente più efficaci i controlli preventivi, che a mio avviso possono costituire un giusto bilanciamento fra l’intervento della magistratura contabile, gli equilibri interni della pubblica amministrazione, così da sfatare il rischio, qualche volta astratto qualche volta più concreto, di mancanza di imparzialità e di lesione dell’articolo 97 della Costituzione, e soprattutto i rapporti con il procedimento penale.
Credo che sia vano rincorrere una sorta di sinergia che non tenga conto delle diverse competenze. Il principio dei vasi comunicanti deve essere comunque rispettoso delle competenze di ciascuno. Non si può pretendere che il giudice contabile ponga rimedio alle carenze del sistema penale e non si può pretendere che il giudice penale intervenga a piedi uniti sulla tipologia della magistratura contabile.
Le chiederei come questi controlli preventivi, che come ripeto reputo più importanti degli interventi di tipo repressivo, possano essere migliorati.
PRESIDENTE. Do la parola al presidente Giampaolino per la replica.
LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. Prenderei spunto dalle ultime parole dell’onorevole Sisto. La magistratura contabile non può sostituirsi alle carenze del giudice penale, e ancor più ambedue le magistrature non devono sostituirsi alle carenze dell’amministrazione. Questo è il leit motiv della relazione.
L’onorevole Melis mi ha rivolto una velata critica nel senso che a suo avviso sarebbe stato preferibile un quadro di carattere più generale. Se lei mi chiede come si sarebbe potuto costruire un provvedimento per sommi capi le direi che questo provvedimento avrebbe dovuto fare leva su quattro punti: sulla eticità da riportare nell’ambito dell’amministrazione, sugli apparati informatici, sui controlli di legittimità e di merito da riprendere, sulla chiave di chiusura della responsabilità dei funzionari. Un provvedimento siffatto avrebbe avuto un respiro tutto nell’ambito dell’amministrazione, e qui rispondo anche all’onorevole Napoli.
È vero che la tutela penale è sempre necessaria, ma è necessaria per le ipotesi estreme. L’antico sistema era che l’amministrazione trovasse in se stessa i suoi rimedi, sicché l’irrompere – mi sia consentito il termine, ma rende l’idea – del giudice penale (benché, come si sa, a tutto ci si abitua), dovrebbe essere l’eccezione. Anche per le malattie è preferibile l’intervento clinico, l’intervento fisiologico, la cura all’intervento chirurgico, che è molto più incisivo e molto più grave per un organismo, a parte tutte le problematiche che attengono all’uso della strumentazione che è data dal processo.
Questo avrebbe dovuto essere un quadro generale fondato sull’articolo 53 della Costituzione nella sua declinazione del rapporto di impiego, non visto tanto sotto l’aspetto del rapporto di lavoro e di controprestazione, quanto nel rifacimento dei principi e dei valori, ivi compresa la riviviscenza di uno dei primi rimedi, cioè il potere disciplinare. Il venir meno del rimedio disciplinare è una delle considerazioni da fare.
Un’altra riguarda un punto che era contenuto nel provvedimento originario, vale a dire la banca dati. L’apporto degli strumenti informatici è di grande importanza nella materia. La banca dati dei contratti e delle sovvenzioni potrebbe essere di notevole aiuto.
Infine, i controlli. Senza dubbio, con l’attutirsi del principio di legalità che il nostro ordinamento ha conosciuto per ragioni varie, che qui non è il caso di ripercorrere e che loro conoscono meglio di me, sono venuti meno anche i controlli nell’ambito amministrativo, e non soltanto quelli di legittimità.
Un altro dei problemi è quello dell’attutirsi del rapporto organico del funzionario con l’amministrazione. Il rapporto organico crea la presenza del funzionario con l’amministrazione e per esso con l’immedesimazione dell’interesse pubblico che esso deve conoscere. L’indicazione di funzionari avulsi alla luce della legge sulla dirigenza, i quali perdono la stessa contrattualizzazione di alcuni rapporti di lavoro, e più a monte la privatizzazione del rapporto di impiego rappresentano l’attutirsi di alcuni valori che andrebbero ripresi.
Per quanto riguarda il tema del rapporto autorità-amministrazione che è stato ripreso da molti, il caso di specie è dovuto alla convenzione dell’ONU, perciò l’autorità è imposta, ma a dire il vero ci si è quasi rassegnati a questa possibilità. Io mi auguro che l’amministrazione possa rivivere in se stessa e trovare l’autorevolezza per svolgere questi compiti.
Questo è il terzo tipo di autorità – non terza specie – che l’ordinamento conosce. Alcune autorità sono un complesso di interessi; altre sono quelle di mercato; infine ci sono autorità che sono poste a tutela di interessi che a un certo momento il legislatore o l’ordinamento ritiene di particolare tutela. Come ho detto prima, quasi il Parlamento richiama se stesso, donde la relazione da fare. Ed era il problema dei lavori pubblici e della corruzione di allora.
Senza dubbio non può esserci autorità senza poteri. Quanto meno, il riesame invocato in alcuni interventi è il minimo effetto dell’efficacia che possono avere tali provvedimenti.
L’onorevole Melis mi rivolge una domanda circa la Corte dei conti a cui mi starebbe molto a cuore rispondere. Io vedo nella Corte dei conti un corpus di giuristi ed economisti che possano svolgere le funzioni che l’ordinamento ad essa assegna. È stato esaltato per ragioni varie il momento giuridico e giurisdizionale della Corte, e non voglio dire giustizialista che sarebbe una patologia. Invece, gli ultimi documenti – è qui presente il presidente delle Sezioni riunite, Meloni – che abbiamo offerto al Parlamento, tra cui il rapporto sul coordinamento, sono apporti di una professionalità purtroppo ancora limitata nell’ambito della Corte. Mi auguro che in una riforma della Corte possa prevedersi un cambiamento in tal senso.
Risponderò velocemente alle altre domande che mi sono state poste.
Settanta miliardi sono una quantificazione fatta dalla procura in base a rapporti della guardia di finanza. Quella è l’indicazione e la confermo.
Per quanto riguarda i dubbi dell’onorevole Ferranti sulle nomine, riteniamo che l’indipendenza di questa autorità sia un passo avanti. Devo richiamare l’attenzione sul fatto che, seppure di nomina governativa, le commissioni parlamentari esprimono il loro parere a maggioranza dei due terzi. La verifica dei requisiti professionali è la prima garanzia dell’indipendenza dei soggetti, e questo è rimesso in buona parte al Parlamento.
Sul tema dei controlli preventivi e della randomizzazione sollevato dall’onorevole Sisto ho detto che tutto si muove nell’ambito amministrativo, intendendo con questo rimedi organizzatori e quindi l’autorità. Tuttavia, vi sono anche rimedi amministrativi procedimentali, come il Piano nazionale anticorruzione. È un momento importante, così come l’individuazione dei settori di particolare pericolo. La previsione «diagnostica» di alcuni fenomeni è molto rilevante.
Questo non dovrebbe far venire meno i controlli randomizzati, come si usa dire. Come ho affermato all’inizio, uno dei rimedi consiste nei controlli, anzitutto quelli interni alle amministrazioni, il che presuppone anche la ricostruzione per alcuni aspetti sia del rapporto di lavoro sia dello stesso rapporto organizzatorio generale, nonché i controlli della Corte, perché per gli atti più importanti il limite della legge, la legalità, cioè l’espressione del Parlamento, trovi il suo riscontro, per gli altri, come dice il mio collega Granelli riprendendo l’indicazione di carattere generale, l’accountability, cioè si renda conto di quello che si è fatto.
PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Giampaolino per il suo intervento e per il contributo scritto e dichiaro chiusa l’audizione.