Audizione del Ministro dell’interno, Anna Maria Cancellieri, sulle linee programmatiche del suo Dicastero

Poiché noi dovremo esaminare il decreto che prevede di dare un piccolo tratto di attenuazione a questo dramma, la pregherei – è la domanda che le pongo – di riferirci se effettivamente i dubbi e le perplessità avanzati dai sindacati di polizia e da tutto il personale interessato sono reali e, nel caso affermativo, se voi davvero pensate attraverso una politica concordata tra i diversi ministri di risolverli per tempo, in maniera che, quando questo decreto sarà, io mi auguro rapidamente, approvato dal Parlamento, questi dubbi siano eliminati e si possa effettivamente almeno su questo piccolo segmento avere una certezza. Lo chiedo non tanto per noi, signor Ministro, come lei può immaginare, ma per coloro che direttamente attendono di vedere modificata la loro situazione.

La seconda richiesta si aggancia alla domanda appena fatta. Anch’io sono convinto che il Ministro Maroni sia stato uno dei migliori ministri del precedente Governo, però, secondo me, ha compiuto un’azione assolutamente inaccettabile, uno sgarbo non solo istituzionale, ma anche pratico, cioè quello di vietare o di rendere impossibile per i parlamentari di svolgere ispezioni all’interno dei Centri di identificazione ed espulsione (CIE) che, spesso e volentieri, pensando alle immagini che le televisioni hanno trasmesso, sono in condizioni forse addirittura peggiori delle nostre carceri.

Lei sa che c’è un diritto dei parlamentari di svolgere ispezioni nelle carceri e che grazie anche a questo diritto, soprattutto – dobbiamo riconoscerlo – per iniziativa dei colleghi radicali in questi ultimi anni, ma comunque anche di tutti noi che abbiamo girato nelle carceri, è stato possibile far emergere con più forza il dramma che si vive all’interno delle carceri.

Credo che per la democrazia e per tutti noi sarebbe utile, e la mia richiesta è questa – basta un tratto di penna – emanare una disposizione, esattamente come è stato fatto in precedenza, per consentire semplicemente che questo livello di ispezione possa essere ripristinato anche all’interno dei CIE.

SALVATORE VASSALLO. Innanzitutto ci tenevo particolarmente a partecipare alla prima seduta nella quale il Ministro si confronta con la Commissione, avendo avuto occasione di conoscere e apprezzare la dottoressa Cancellieri nella sua precedente funzione di commissario del comune di Bologna.

Come i colleghi sanno, ho cercato in diversi modi di accorciare la sua permanenza come commissario di Bologna, con l’intento di far tornare la città il prima possibile a votare, certamente non animato dall’intenzione di allontanare il prima possibile la dottoressa Cancellieri da Bologna. Ella, invece – lo voglio dire benché sia un fatto noto ai colleghi – ha lasciato nella città un ricordo straordinariamente positivo per l’equilibrio e la determinazione con cui ha svolto il suo compito. A maggior ragione, sono lieto di poterle augurare buon lavoro in questo nuovo incarico.

Dopodiché, le pongo solo una questione molto specifica su un tema che è stato già trattato e su cui non ho bisogno di dilungarmi molto, ma che credo sia uno dei più complessi o comunque rilevanti che dovremo affrontare insieme nei prossimi mesi.

Il Governo ha già sostanzialmente dato un indirizzo molto determinato, benché si trattasse di una materia di cui noi abbiamo discusso a nostra volta, quella dell’ordinamento degli enti locali, delle province e degli enti di governo sul comunale. Il Governo – per ragioni di sinteticità cerco di essere chiaro e, quindi, forse troppo diretto – ha dato un indirizzo, attraverso l’intervento del decreto-legge n. 201 del 2011, apparentemente molto chiaro: con quelle norme alle province vengono attribuite funzioni che esse oggi non hanno – funzioni piuttosto leggere: di coordinamento e, come si diceva forse impropriamente nel testo, di indirizzo politico dei comuni – mentre si sottraggono loro tutte le funzioni più corpose e vere che oggi hanno.

Si disegna, dunque, una forma di governo estremamente leggera, con l’intenzione, almeno apparente, ma che è stata anche comunicata all’opinione pubblica, di abolirle. Ciò sembra essere anche l’effetto dell’altra decisione, quella di escludere qualsiasi tipo di indennità o di gettone per chi opera negli organi di decentramento subcomunale. Tale contesto segnala con evidenza un disegno che non può essere portato a compimento con interventi soltanto di legislazione ordinaria e che, quindi, lega insieme i tre pezzi di cui il Parlamento dovrà discutere.

A me sembra che su questi temi il Governo, a maggior ragione avendo fatto questo passo molto impegnativo, debba assumersi in pieno la responsabilità del coordinamento dell’attività parlamentare, che è tanto più necessaria in un sistema fin troppo complicato come quello bicamerale, nel quale noi operiamo.

È chiaro che ci sono tre elementi che vanno tenuti insieme e forse messi in sequenza: la riforma costituzionale, la definizione delle funzioni fondamentali e l’attuazione del federalismo fiscale. È difficile pensare che tali aspetti possano essere affrontati in Camere separate, ciascuna discutendo secondo una filosofia propria. I tre elementi devono essere tenuti insieme da un modello di riferimento e anche da una sequenza procedurale che abbia una sua logica e linearità.

Questo è un onere che normalmente ricade sul Governo e di cui credo il Governo si debba fare carico, nonostante la sua peculiarità, a maggior ragione avendo stabilito un indirizzo con le decisioni contenute nel decreto-legge, naturalmente tenendo conto delle discussioni che sono state fatte anche qui.

Personalmente per molto tempo ho tenuto la posizione minoritaria che va verso un drastico ridimensionamento delle province e continuo a essere convinto che anche il Governo dovrebbe riflettere su questo punto. Può darsi, infatti, che sia più efficace, dal punto di vista della razionalizzazione e della riduzione dei costi, un drastico ridimensionamento che preveda la non necessità delle province, per esempio in alcune regioni troppo piccole, o che preveda l’istituzione di province di secondo grado e un assottigliamento di alcune funzioni attuali, ma anche il raccordo intorno alle province di tanti enti che servono alla gestione di servizi a rete. Insomma, può darsi che questo modello, che non equivale alla cancellazione, ma a un drastico ripensamento delle province, sia più funzionale, rispetto alla prima ipotesi, anche agli obiettivi che il Governo mostra di voler perseguire di razionalizzazione e riduzione dei costi, semplificazione per i cittadini e le imprese.

Tuttavia, è evidente che il Governo deve a questo punto proporci – o definire insieme a noi – un modello e poi metterlo in atto mediante sulla base di una sequenza procedurale. Non so se sarà l’occasione della sua replica quella nella quale ci potrà dare qualche indicazione a questo riguardo, però prima o poi dovremo farlo. Grazie.

PRESIDENTE. Credo che l’onorevole Giachetti debba svolgere una precisazione.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Ministro, ho appreso soltanto adesso che lei ha già provveduto qualche giorno fa a ripristinare la possibilità per la stampa di accedere nei Centri di identificazione ed espulsione. La ringrazio di questo.

PRESIDENTE. Quindi una risposta oggi l’abbiamo ottenuta.

MARCO MINNITI. Addirittura preventiva!

RENZO LUSETTI. Signor Ministro, lei è venuta in Commissione per svolgere una relazione sulle linee programmatiche del suo dicastero e alcune tematiche sono state affrontate nelle domande che le hanno posto: la sicurezza, il ruolo delle sedi territoriali, la Carta delle autonomie, l’immigrazione, il diritto di cittadinanza e via dicendo. Questo fa parte dell’impegno a breve e medio termine del suo dicastero per chiudere questo scorcio di legislatura.

Io vorrei affrontare due questioni specifiche. Una riguarda il tema delle autonomie locali, in particolar modo i piccoli comuni. È un tema importante e molto sentito, perché il Parlamento in questi anni ha cercato di valorizzare il problema più complessivo della cooperazione intercomunale per la gestione associata dei servizi e delle funzioni attraverso l’unione dei comuni. Rispetto a questo, in attesa che venga approvata una cornice istituzionale più ampia che riguarda la Carta delle autonomie, nel decreto-legge n. 138 del 2010, adottato dal precedente Governo, c’è una norma che riguarda i piccoli comuni con meno di mille abitanti: sono comuni piccolissimi, ma importanti perché numerosissimi nel nostro Paese. L’articolo 16 del citato decreto, in qualche modo, prevede l’obbligo per questi comuni di costituirsi in associazione di comuni per gestire insieme questi servizi. Sicuramente si risolve il problema della gestione dei servizi, rendendoli più efficienti e abbattendo i costi. Tuttavia, in sede di applicazione di questa norma ci sono stati molti problemi; sono stati segnalati disservizi e difficoltà anche da parte di amministratori che, peraltro, non svolgono questo ruolo a tempo pieno e hanno posto, attraverso l’ANCI e forse anche direttamente alle prefetture, problemi di applicazione effettiva.

Le chiedo se ha già previsto una proroga di un anno…

ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro dell’interno. Stamattina si è tenuta la Conferenza Stato-città ed autonome locali.

RENZO LUSETTI. Come non detto, allora. È importante per i comuni poter avere questa proroga. Dunque, se non c’è più l’obbligo di provvedere entro il 31 dicembre 2011, è già un passo in avanti.

La seconda domanda riguarda il terremoto avvenuto all’Aquila. Nel cantiere del terremoto, che viene definito forse il cantiere più grande d’Europa, sono stati recentemente arrestati alcuni appartenenti alle ‘ndrine, ossia a nuclei territoriali della ‘ndrangheta. Le chiedo se non pensa che occorra prevedere in qualche modo il possesso del certificato antimafia anche per quegli affidamenti e subappalti privati che si occupano della ricostruzione. Visto che ci sono contributi pubblici da parte dello Stato nei confronti dei privati, le chiedo – il nostro gruppo, con l’onorevole Tassone, si è fatto carico di questa proposta – se non sia possibile anche individuare una nuova norma che consenta di introdurre il certificato antimafia anche nei casi in cui ci sono sovvenzioni pubbliche anche per l’edilizia privata. Grazie.

GIUSEPPE CALDERISI. Anch’io saluto il Ministro e formulo i miei auguri di buon lavoro. Il mio intervento vuole essere prevalentemente di carattere metodologico. Lo rivolgo, quindi, a lei ma potrei rivolgerlo più o meno anche a tutti gli altri ministri.

Intendo dire che questo Governo, come è noto, nasce nel pieno rispetto delle prerogative costituzionali, però indubbiamente nella genesi di questo Governo, il segmento «corpo elettorale», che fa parte del circuito della responsabilità politica, è stato escluso. Ribadisco che il nuovo Governo è assolutamente rispondente al dettato costituzionale, poiché c’è stata una volontà delle forze politiche di sostenerlo in questa situazione di emergenza, nondimeno ci troviamo di fronte a un fatto nuovo che richiede una riflessione su come devono essere affrontate, dal punto di vista metodologico, tutte le tematiche che sono rimaste fuori dalle dichiarazioni programmatiche su cui si è espresso il voto di fiducia.

Ci sono tantissime questioni – già in questa audizione ne è emerso un ventaglio – che non hanno fatto parte delle dichiarazioni programmatiche su cui c’è stato il voto di fiducia. È necessario capire tutti insieme come procedere dal punto di vista metodologico.

Credo e spero che tutti quanti – in particolare il mio gruppo, il PDL – vogliano e sappiano muoversi con il massimo spirito di collaborazione e di capacità propositiva. Ritengo che questo sia il metodo migliore per affrontare questa situazione.

Affinché ciò possa avvenire, Ministro, chiederei al Governo una riflessione, nel senso che credo che sia utile che, allorquando il Governo intenda affrontarli, questi temi – c’è stato un ventaglio di tutta una serie di tematiche, ma non abbiamo potuto approfondirli singolarmente – siano portati alla riflessione e all’elaborazione del Parlamento nella fase istruttoria, in modo da consentire di raccogliere il contributo propositivo delle forze politiche e trovare una sintesi. Ci sono sicuramente alcune questioni sulle quali, pur in una diversità di posizioni, è forse più facile trovare sintesi fra soggetti che hanno spesso indirizzi contrapposti e ci sono materie nelle quali, invece, la possibilità di trovare un punto di convergenza è molto più problematica. Non voglio escluderlo su nulla in linea ipotetica, ma certamente ci sono questioni su cui le posizioni sono molto divaricate.

Non c’è nessuna preoccupazione ad affrontare alcun tema, ma a maggior ragione si pone la necessità di far sì che il confronto possa avvenire. Invito, quindi, il Governo – a parte le questioni più semplici di ordinaria amministrazione o le emergenze strette – su tutte le questioni che sono più complesse, delicate e significative, a venire incontro alla situazione nuova che si è determinata e con la quale anche noi dobbiamo capire come procedere, perché è la prima volta che l’affrontiamo in questi termini, portandoci in discussione le questioni ancora nella fase istruttoria.

Questo, lo ripeto, dal punto di vista metodologico e di carattere generale. Affronto poi due questioni specifiche. Una è il tema delle province, che è stato già affrontato e quindi posso esimermi dal ritornarci sopra in modo approfondito. Certamente l’intervento del Governo è stato molto deciso. Ad avviso della Commissione era anche al di fuori del dettato costituzionale. L’abbiamo detto ed è stato in gran parte corretto, ma non c’è ombra di dubbio che questo intervento, come altri colleghi hanno già detto, può trovare soluzione compiuta solo a partire dal comprendere qual è la revisione costituzionale che intendiamo apportare. È da lì che poi inevitabilmente si possono risolvere anche gli altri aspetti che non riguardano direttamente il dettato costituzionale.

Ci sono già alcune proposte provenienti da diverse forze politiche e, quindi, in questo caso il Governo si trova ad avere di fronte il ruolo propositivo delle parti politiche che sostengono o meno il Governo. Sono proposte che tendenzialmente vanno verso una responsabilità regionale nella definizione del modo di essere, del come e se dovranno rimanere in vita e con quale ruolo le province. Evidentemente la regione dovrebbe avere un ruolo soprattutto nello sviluppo economico del proprio territorio e, quindi, capire come organizzare il proprio territorio dal punto di vista amministrativo non può essere dissociato dall’ambito dello sviluppo socio-economico. Quindi, il Governo trova già contributi molto precisi e puntuali, proposte molto ben definite e anche urgenti, perché non credo che il tema possa essere portato avanti soltanto con la legislazione ordinaria.

Altri temi sono molto più complessi. È stato toccato più volte quello della cittadinanza. La Commissione ne ha discusso a lungo. Anche sul tema dei minori ci sono profonde differenze, Ministro. Non so come possono essere composte. Per noi la cittadinanza è la conclusione di un processo di integrazione, non è lo strumento per avviare il processo di integrazione. Abbiamo fatto convegni, ci sono elaborazioni, documenti e relazioni.

Per esempio, ma non voglio entrare ora nel merito specifico, anche per i minori vorremmo comprendere – con riguardo a chi è nato in Italia ed è nel nostro Paese da più dieci anni e ha i genitori che vivono qui da più di dieci anni – perché sono i genitori a non richiedere la cittadinanza. Se la chiedessero i genitori, la questione sarebbe già risolta. Vorremmo capire come possa accadere che il genitore non chieda la cittadinanza, pur avendone i requisiti temporali, però poi la deve chiedere per il figlio. Ci sono questioni, Ministro, da approfondire bene. Questo genitore potrebbe anche prendere il figlio e riportarselo all’estero, perché ne ha la patria potestà. Sono questioni molte complesse, sulle quali non voglio entrare nel merito in questa sede.

Non si può pensare che sia facile risolverli. I problemi certamente esistono. Certamente si pone il problema di rispettare i limiti temporali. Se oggi la legge prevede dieci anni, cominciamo a rispettare i limiti temporali per quanto riguarda questo problema.

Per il resto bisogna che le diverse tematiche siano affrontate nella fase istruttoria e che il Governo capisca come aiutare noi e se stesso a trovare il miglior modo di risolvere i problemi. Grazie.

SESA AMICI. Svolgo solo una battuta e ringrazio il presidente e anche il Ministro per la pazienza. Vorrei richiamare la questione degli appalti pubblici relativa alle prefetture, soprattutto quelle prefetture, in pezzi di territorio della nostra Italia, dove esistono questioni di sotto-organico. Verrò probabilmente a trovarla in altra sede, signor Ministro, ma, se penso alla provincia di Latina, nota per altri motivi all’interno del nostro Paese, ricordo che, mentre si arrestava Zagaria, in un’eccellente operazione delle forze dell’ordine, in quella stessa provincia venivano svolte operazioni di confisca per il clan Mallardo ai confini della zona del casertano. Lei sa benissimo qual è la situazione.

Io credo che, per la conoscenza diretta che abbiamo, sia del tutto evidente che in quegli intrecci, quando le questure devono agire dentro una nuova strategia di contrasto alla criminalità, che è effettivamente una potenza economica, abbiano bisogno anche da parte dello Stato di avere alcune certezze in più e non semplicemente un atto di mera sussidiarietà.

PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro, che ci ringrazia a sua volta per i contributi che sono stati dati. Poiché non può svolgere oggi la replica, avremo cura di mandarle il resoconto stenografico che è stato redatto oggi, e subito dopo, alla ripresa, ci verrà data risposta. Stabiliremo un’altra giornata per continuare la nostra conversazione.

ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro dell’interno. Mi scuso se devo scappare, perché, peraltro, gli argomenti trattati sono molto interessanti e su alcuni stiamo già lavorando. Fisseremo una data a gennaio, in modo che io possa tornare con le risposte precise su tutto quanto richiesto e magari con qualcosa anche di più concreto, oltre alle risposte.

Ci tenevo soltanto a ringraziarvi e a tranquillizzarvi per quanto riguarda il mio atteggiamento nei confronti del Parlamento. Tutto ciò che noi faremo sarà sottoposto al Parlamento. Non ci sarà alcuna forzatura, ma il più grande rispetto verso il Parlamento, perché sarà il Parlamento ad avere l’ultima parola. Da parte nostra c’è soltanto la voglia di portare il lavoro alla vostra attenzione. Assicuro, quindi, massimo rispetto e massima attenzione.

Volevo anche ringraziarvi, perché mi avete dato spunti per alcune idee. A molte di queste questioni avevo già pensato, ma, lo confesso, ad altre no. Questo mi aiuta e penso che potremmo stabilire un modo di lavorare e di vederci periodicamente perché da questo scambio di idee e di opinioni potremo realizzare forse qualche cosa di più per il nostro Paese. Grazie.

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