COMMISSIONE VIII AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
Seduta di mercoledì 30 novembre 2011
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca, ai sensi dell’articolo 143, comma 2, del Regolamento, l’audizione del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.
Ringrazio il Ministro Clini e gli do subito la parola per la sua relazione.
CORRADO CLINI, Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie.
Forse «linee programmatiche» è una espressione un po’ ambiziosa. Non abbiamo avuto il tempo di stilare delle vere linee programmatiche perché, appena insediati, abbiamo cominciato a correre tra la Sicilia, la Liguria e Napoli, da un lato per gli eventi climatici estremi che si sono verificati in quelle regioni e dall’altro perché la situazione dei rifiuti a Napoli sta diventando di nuovo delicata. Ho capito che è abbastanza difficile entrare in partita avendo in mente una certa idea e un certo timing e trovarsi invece ad affrontare questioni almeno in parte non previste.
In maniera molto sintetica vorrei riferire quello che siamo riusciti a mettere insieme e quello che stiamo mettendo insieme in questi giorni per definire una linea di misure realisticamente attuabili nel tempo di questo Governo e avendo ben chiaro il nostro compito.
Per quanto riguarda la sicurezza idrogeologica e la difesa del suolo, abbiamo di fronte una situazione che si può rappresentare in questo modo. Negli ultimi vent’anni abbiamo avuto mediamente danni stimabili in circa un miliardo di euro all’anno a causa degli eventi estremi che si sono verificati.
In particolare, l’entità dei danni tende a crescere negli ultimi anni perché eventi estremi che avevano mediamente tempi di ritorno molto diradati, cioè che si verificavano con una frequenza abbastanza ridotta, oggi si presentano, invece, con frequenza molto più rapida. Questo determina danni diretti importanti, riferiti sia alle strutture economiche sia alla sicurezza del territorio sia, purtroppo, in termini di vittime tra la popolazione.
Questi eventi sono in parte ascrivibili a una nota situazione di vulnerabilità del territorio italiano, peraltro ben descritta in documenti ufficiali non solo recenti, ma anche risalenti a venti o trenta anni fa. Tale vulnerabilità è però accentuata negli ultimi anni da eventi estremi con caratteristiche diverse da quelle standardizzate nei decenni passati.
Non voglio soffermarmi sul rapporto di causa-effetto tra i cambiamenti climatici globali e questi eventi perché le incertezze scientifiche sono ancora molte. Posso, però, dire che si stanno verificando eventi in qualche modo previsti negli scenari climatici regionali relativi al Mediterraneo e individuati, in primo luogo, dal panel intergovernativo sui cambiamenti climatici, cioè l’organizzazione delle Nazioni Unite che aggiorna il rapporto sul clima ormai a partire dal 2000. Inoltre, gli stessi scenari sono stati delineati da organizzazioni e istituzioni scientifiche europee, compreso il Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, istituito in Italia attraverso un co-finanziamento del Ministero dell’ambiente, del Ministero dell’economia e del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca nel 2005 e oggi centro di eccellenza nel network europeo dell’osservazione dei cambiamenti climatici.
Questi scenari prefigurano un’alternanza di periodi più lunghi, rispetto all’esperienza dei decenni passati, di siccità e di periodi di intense piogge, causa di precipitazioni molto importanti in un lasso di tempo molto breve. È esattamente ciò che è avvenuto negli ultimi eventi di quest’anno, ma si è ripetuto anche nel corso degli ultimi dieci anni almeno.
Questa situazione mette sotto stress un territorio già vulnerabile perché accentua i fenomeni di erosione, soprattutto nelle zone collinari e in quelle che sono attraversate da corsi d’acqua non calibrati su una portata corrispondente alla dimensione attuale delle piogge, ma calibrati naturalmente su portate che rientravano nel range delle piogge dei decenni precedenti
Questi eventi incidono poi, in maniera particolare, sulle aree urbane per tre motivi. Il primo riguarda la capacità della rete fognaria. Le reti fognarie sono tarate su regimi di pioggia che non sono esattamente quelli che si sono verificati. La seconda circostanza riguarda, come nel caso di Genova, la tombinatura dei torrenti e dei corsi d’acqua presenti nell’area urbana, che è stata effettuata nel corso dei decenni e addirittura dei secoli per rendere disponibili aree nell’ambito dello spazio rubano e perciò eliminare le barriere da essi rappresentate. La portata di queste canalizzazioni sotterranee è di nuovo una portata che non regge improvvise e importanti precipitazioni.
A questo bisogna aggiungere la terza circostanza, rappresentata da un’estensione importante della cementificazione dei suoli disponibili nelle aree urbane e nelle relative aree periferiche. Ciò di fatto sottrae territorio per l’assorbimento delle acque, cosicché l’acqua che arriva in quantità importante non viene laminata e assorbita dai suoli, ma scorre su superfici impermeabili e aumenta la pressione sia sulle reti fognarie sia sui corsi d’acqua tombati.
Quest’ultima situazione determina poi gli eventi che abbiamo visto in particolare a Genova, mentre l’aumento della permeabilità di zone già vulnerabili riguarda i casi dell’alta Toscana e soprattutto della Sicilia. Dobbiamo, però, aver presente che condizioni di vulnerabilità simili a quelle di Genova, della Sicilia e dell’alta Toscana si trovano in molte zone d’Italia. L’Appennino centrale, la Calabria e molte zone costiere, ad esempio, sono esposti ai rischi derivanti da eventi climatici estremi.
Una situazione che, per esempio, viene delineata negli scenari è la combinazione di eventi climatici estremi e di aumento del livello del mare, che si può determinare anche per circostanze temporanee – i cosiddetti uragani del Mediterraneo – e che vede esposte alcune zone importanti del nostro Paese: nel Lazio la pianura dell’Agro Pontino, nello Jonio le pianure e le coste della Puglia e nel nord dell’Adriatico tutta la costa che va dal Po fino a Monfalcone.
Come sapete, parte di questa costa già oggi è sotto il livello del mare e viene tenuta all’asciutto grazie a idrovore che servono a impedire gli allagamenti. La portata delle idrovore potrebbe non essere più sufficiente per coprire questi eventi estremi. Un caso a parte riguarda la laguna di Venezia, caso bene affrontato, come sapete, con la realizzazione del MOSE.
A fronte di questa situazione, la riflessione che stiamo facendo, anche in considerazione delle norme esistenti, delle misure già adottate e dei programmi in parte già finanziati, riguarda la necessità di una strategia di prevenzione a livello nazionale che sia in grado di intervenire in maniera razionale e ordinata sulle aree di vulnerabilità per prevenire gli effetti degli eventi climatici estremi.
Abbiamo già alcuni strumenti in funzione. Abbiamo una mappa del rischio idrogeologico, abbiamo i programmi regionali per l’aggiornamento della vulnerabilità a livello regionale e abbiamo il sistema della Protezione civile, che è dotata di un importante ed efficiente sistema di previsione e di allerta. Tuttavia, questo complesso di iniziative esistenti ha due vincoli.
Il primo è rappresentato dal fatto che non c’è omogeneità nel territorio nazionale fra le regioni. La capacità di previsione, di allerta e anche di intervento è molto differenziata. Dall’altro lato, sappiamo anche che l’evoluzione degli eventi climatici richiede un aggiornamento delle mappe di vulnerabilità, soprattutto perché bisogna considerare quali potrebbero essere i danni derivanti dal ripetersi di questa tipologia di eventi, che sono ancora considerati eventi straordinari e perciò non rientrano nella procedura ordinaria di valutazione del rischio.
Con riferimento alle prime misure che stiamo cercando di adottare, faccio presente che stiamo predisponendo un decreto legge che verrà sottoposto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri entro venerdì prossimo, per affrontare prioritariamente due tematiche. La prima riguarda le situazioni di emergenza. Seguendo il suggerimento della Protezione civile, riteniamo che gli interventi in caso di emergenza devono essere resi possibili sin dall’inizio dell’evento calamitoso. Come sapete, in base all’articolo 5 della legge n. 225 del 1992, come modificato dal decreto-legge n. 225 del 2010 (cosiddetto «decreto Milleproroghe»), ora ci troviamo in una situazione particolare perché la legge prevede che ogni intervento sia preventivamente autorizzato dalla Corte dei conti.