Tratto da IL SOLE 24 ORE di Venerdì 18 novembre 2011
Dal 2012 cancellata la limitazione alle sole associazioni – Esclusa la partecipazione a più compagini
La legge di stabilità introduce la possibilità di costituire, dal 1° gennaio 2012, società che abbiano per oggetto l’esercizio di attività professionali (articolo 10 della legge 183/2011). In sostanza viene abolito il divieto, contenuto nella legge 1815/1939, che consentiva l’aggregazione tra professionisti solo con la formula dello «studio associato»: divieto che in realtà è stato introdotto per ragioni razziali (impedire a coloro che professavano la religione ebraica di “nascondersi” dietro il paravento societario), ma che poi ha contraddistinto per decenni l’epocale querelle sull’individuazione della linea di demarcazione tra attività commerciale o imprenditoriale e attività libero-professionale
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La legge è estremamente stringata e, come spesso accade, avara di spiegazioni su punti anche cruciali. Si pensi al profilo della responsabilità derivante dall’esercizio dell’attività: il professionista, socio di una società di capitali, che provochi un danno al cliente, ne risponderà personalmente e illimitatamente con il proprio patrimonio oppure la responsabilità sarà ascrivibile solo alla società e lo schermo societario riparerà il patrimonio individuale del professionista? Ancora: del danno provocato al cliente dal professionista socio di una società di persone dovrà rispondere solo questi oppure, qualora debba risponderne (anche) la società, anche gli altri soci potrebbero dover concorrere al risarcimento del danno?
Altro problema è l’applicabilità alle Stp delle procedure concorsuali, se si sceglie di organizzare l’attività professionale con una società commerciale (e cioè diversa dalla società semplice): nel silenzio della legge, è dubbio se prevalga la natura oggettivamente commerciale della forma societaria oppure, come pare, la natura intrinsecamente non commerciale dell’attività professionale esercitata. Comunque, in attesa che questi e altri problemi vengano dipanati dagli studiosi e dalla prassi professionale, è certo che le società tra professionisti potranno indifferentemente essere società di persone, di capitali e cooperative: ed è previsto che evidenzino la loro natura rispetto alle società “normali” fin dalla loro denominazione, e cioè apponendo, nella ragione sociale, l’espressione «società tra professionisti».
Dalla scelta del tipo sociale deriva l’applicazione delle relative regole. Ad esempio, le norme in tema di responsabilità patrimoniale dei soci, di dotazione patrimoniale minima, di strutturazione organica della società eccetera.
Anche la società semplice potrà dunque essere “usata” come Stp: anzi, se si sceglie la società di persone come forma organizzativa della società professionale, indubbiamente la società semplice appare una forma assai idonea, per la sua intrinseca natura “non commerciale”, dovendo la Stp avere come oggetto «l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci».
Soci della Stp possono essere:
a)professionisti iscritti a ordini, albi e collegi (è escluso dalla società il professionista cancellato dall’albo);
b)cittadini di Stati membri dell’Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante alla professione; c)soggetti non professionisti «soltanto per prestazioni tecniche»: la legge, sul punto, non brilla per chiarezza, ma si può immaginare un socio d’opera non professionista in Stp di persone, che svolga funzioni ancillari rispetto ai servizi prettamente professionali; oppure a un socio-amministratore di Stp di capitali che si occupi di gestione e di organizzazione dello studio;
d)soggetti non professionisti che diventano soci della Stp «per finalità di investimento»: si tratta dei vituperati soci di capitale. La norma non dice nulla sul punto della ripartizione del capitale tra professionisti e non professionisti: e quindi, si potrà avere, ad esempio, una Stp con professionisti al 90% e non professionisti al 5%, così come, viceversa, si potranno avere Stp con soci di capitale al 99% e con professionisti all’1 per cento.
È presumibile che, trattandosi di una «società tra professionisti» che deve avere per oggetto «l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci», le Stp debbano necessariamente avere i professionisti nel capitale sociale; peraltro, se è vero che non esistono limiti alla quota di partecipazione del socio non professionista, è un gioco da ragazzi strutturare la società con i professionisti nel capitale sociale, ma pesantemente schiacciati in un angolo dal socio non professionista. La nuova legge nulla dice sulla composizione degli organi societari: è ipotizzabile, ad esempio, che in una Sas tra professionisti, l’accomandatario sia un non professionista, così come un consiglio di amministrazione di una Spa professionale potrà essere, in tutto o in parte, composto da non professionisti.
Chi può entrare Iscritti all’Ordine. La denominazione di «società tra professionisti» può essere utilizzata a patto che i soci che la costituiscono siano professionisti iscritti a ordini, albi e collegi (è espressamente previsto che venga escluso dalla società il professionista che sia stato cancellato dall’Albo)
Cittadini Ue. Possono diventare soci di una «società tra professionisti» anche cittadini di Stati membri dell’Unione europea, purché siano in possesso di un titolo di studio abilitante alla professione. Le Stp inoltre devono garantire all’utente il diritto di scelta del professionista che dovrà seguirlo
Prestazioni tecniche. Soggetti non professionisti «soltanto per prestazioni tecniche»: si può immaginare un socio d’opera non professionista in Stp di persone, che svolga funzioni di supporto rispetto ai servizi professionali; o un socio-amministratore di Stp di capitali che si occupi di organizzazione dello studio
Soci di capitale. Non professionisti che diventano soci della Stp «per finalità di investimento». La norma nulla dice sulla ripartizione del capitale tra professionisti e non: si potrà avere una Stp con professionisti al 90% e non professionisti al 10%, così come soci di capitale al 99% e con i professionisti all’1 per cento