Sulla strada della rielezione, pur restando il favorito, l’attuale presidente Obama, dovrà affrontare molte incertezze. La vittoria di un candidato o dell’altro alle prossime elezioni presidenziali statunitense, nel novembre di quest’anno, appaiono essenzialmente legate alle questioni economiche. Tuttavia anche altri fattori potrebbero avere un ruolo determinante e imprimere la campagna elettorale in una direzione anziché un’altra nei prossimi mesi.
Qui di seguito si individuano alcuni temi che potrebbero essere decisivi e si cerca di delinearne la loro influenza.
Scenario A – La riconferma di Obama
L’economia tiene. I temi chiave della campagna elettorale saranno molto probabilmente la crescita economica e la disoccupazione. Dall’ottobre 2011 quest’ultima ha cominciato a scendere fino ad arrivare al livello attuale dell’8,2%. Sebbene nessun Presidente, dai tempi di F.D.Roosevelt, sia stato rieletto con tassi di disoccupazione su queste percentuali, occorre considerare che l’amministrazione Obama si è trovata a governare in uno dei periodi economici più difficili nella storia degli Stati Uniti e che, nonostante questo, è riuscito a riportare l’economia al livello associato alla stabilità del mercato del lavoro. Se la disoccupazione, per quanto in calo, rimane su livelli troppo alti per gli Stati Uniti, molti altri dati economici risollevano la posizione dell’attuale Presidente: il Pil è cresciuto del 3% nell’ultimo trimestre del 2011, così come la fiducia dei consumatori (la volontà di spendere). Se la disoccupazione si riducesse costituirebbe un fattore molto rilevante per la riconferma di Obama.
Lotta al terrorismo. Sul piano della politica estera e del ruolo internazionale nella lotta al terrorismo, la principale minaccia agli USA del XXI secolo, Obama potrà vantare l’eliminazione di Osama Bin Laden. Ciò gli ha già permesso di far venire meno una delle maggiori critiche dei repubblicani, quella di essere debole sulla politica estera e di difesa. Contemporaneamente l’amministrazione Obama ha intensificato gli attacchi coi droni minimizzando le perdite di soldati USA e massimizzando le uccisioni dei nemici. Emblematici sono i casi del del leader di Al Qaeda in Arabian Pensinsula, Al Awlaki, e più recentemente il numero 2 dopo Al Zawahiri, Al Libi.
L’elettorato ispanico. Sul piano dell’elettorato Obama può vantare ancora il supporto degli ispanici che saranno ancora più importanti in alcuni stati in bilico come Colorado e Nevada – Ispanici ed immigrazione. Nel 2008 il voto ispanico ha contato per il 9,2% del voto totale. Secondo le proiezioni, tale percentuale salirà all’11% per le elezioni del 2012. Generalmente, la ripartizione del voto ispanico tra Democratici e Repubblicani è di 65% (Dem) a 35% (Rep). Romney, per catturare il voto repubblicano conservatore ha dovuto assumere posizioni anti-immigrazione, alienandosi così le simpatie ispaniche.
Ron Paul. La possibile candidatura di Ron Paul potrebbe sottrarre voti più a Romney che Obama. Se dovesse candidarsi con il Partito Libertario potrebbe infatti sottrarre parte dei voti del Tea Party a Romney. Sondaggi della Reason-Rupe Foundation dicono che se Ron Paul si candidasse come indipendente sottrarrebbe tra il 17% e il 18% dei voti repubblicani a Romney.
Mobilitazione del proprio elettorato. Se Romney può puntare ad intercettare il voto conservatore-religioso, Obama con il fermo sostegno ai matrimoni omossessuali, all’aborto, alla legge “don’t ask, don’t tell” per i gay nelle Forze Armate può surclassare le incerte (e spesso ambigue) posizioni del repubblicano e mobilitare pienamente il suo elettorato.
Scenario B – La sfida di Romney
Aumento disoccupazione. Gli Stati Uniti, come molti paesi occidentali, sono alle prese con una brusca frenata economica interna. Gli USA per la terza primavera consecutiva: il Pil nel primo trimestre è stato rivisto a una magra crescita dell’1,9 per cento. E l’occupazione, seppure in ripresa, sembra deludere: in maggio sono stati creati solo 69mila posti di lavoro, meno della metà del previsto, spingendo il tasso di disoccupazione dall’8,196 all’8,2 per cento. La debolezza è tale da minacciare le chance di rielezione di Obama.
Lo stimolo statale di Obama all’economia, dopo la fase iniziale che ha portato ad una diminuzione della disoccupazione (seppur in termini contenuti rispetto a quelli preventivati), è decrementato anche in termini di incentivi per consumi e investimenti. Questo potrebbe essere una diretta conseguenza della virata al centro dopo le elezioni di mid-term, oltre all’ammissione del fallimento della stessa Obamanomics. Queste scelte potrebbero esporre Obama alle forti critiche dei repubblicani e costituire un tallone d’Achille per oBama durante la campagna elettorale.
Attacco di Israele all’Iran. L’approccio di Romney alla questione del nucleare iraniano è senz’altro più duro rispetto a quello di Obama, che non può vantare un background risoluto verso Teheran. Anzi. Nemmeno l’ambiguità verso Israele nella questione palestinese gioca a favore del democratico, il che permetterebbe a Romney di giocare la carta di un’assenza di ruolo degli USA nel fiancheggiare l’alleato israeliano e di averlo lasciato in balia di una situazione di insicurezza che non gli avrebbe lasciato altro sbocco che l’attacco militare.
Instabilità nel MO con crescita dei prezzi benzina. Lo scoppio del conflitto con l’Iran, soprattutto l’eventuale blocco dello stretto di Hormuz, si ripercuoterebbe sulle elezioni americane soprattutto per la sua dimensione economica: secondo alcuni analisti di mercato, i prezzi della benzina salirebbero tra i 5 e i 6 $ al gallone; le ultime 5 volte in cui, durante una campagna elettorale, si è verificato un aumento del prezzo della benzina, il partito in carica ha poi perso le elezioni.
Crisi Eurozona. Obama si è dimostrato molto preoccupato dell’evoluzione della crisi europea negli ultimi giorni (“l’Europa deve fare di più”). L’uscita della Grecia dall’eurozona, in seguito alle elezioni politiche del prossimo giugno, potrebbe spingere ulteriormente l’economia globale in recessione. Il peggioramento delle situazioni economiche costituirebbe un fattore assai sfavorevole per Obama; del resto, anche senza l’uscita della Grecia dall’euro le attuali condizioni economiche non arridono all’attuale all’amministrazione.
L’Europa, nel clima di battaglia per le urne presidenziali di novembre, è presa a bersaglio sia dai democratici che dai repubblicani, ma come incarnazione di mali opposti. Il candidato repubblicano Mitt Romney minimizza il pericolo del contagio per denunciare anzitutto le politiche di spesa di Obama, salvo aggiungere che queste somigliano alle scelte che hanno portato l’Europa sul baratro. Obama e i suoi alleati replicano che è al contrario grave il problema di un’Europa incerta nella reazione alla crisi e capace così di danneggiare l’economia mondiale.
Appoggio dei “tea party” e Ron Paul. L’appoggio del Tea Party a Romney è determinante soprattutto negli stati in bilico. In North Carolina ad esempio, che è tradizionalmente uno stato repubblicano ma che nel 2008 votò per Obama. Ron Paul è una variabile non decisiva, ma influente.
Il fattore religioso. Il “mormonismo” è tra le religioni più diffuse negli Stati Uniti: ci sono più mormoni che ebrei. Ciononostante, parte consistente dell’elettorato (attorno al 20%) rimane scettico sull’appartenenza religiosa di Romney. Se quest’ultimo chiarisse questo punto e convincesse pienamente anche quel 20%, sarebbe un importante plus.
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