La lettera aperta del Presidente della Corte di Cassazione sul dibattito in merito alla responsabilità civile dei magistrati
«Caro direttore, su la Repubblica di domenica Alessandro Pace, con la sua grande sapienza giuridica, ha preso posizione sul difficile argomento della responsabilità civile dei magistrati e sulle modifiche di cui si discute in Parlamento a seguito di una recente sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Su un punto del lucido e argomentato articolo mi sembra necessario intervenire a tutela dell’istituzione che presiedo e, più in generale, del buon funzionamento della giustizia.
Pace aderisce all’opinione, condivisa anche dal ministro della Giustìzia, secondo cui la nuova ipotesi di responsabilità dello Stato (e, poi, in sede di rivalsa, del singolo magistrato) per violazione manifesta del diritto debba essere prevista non soltanto per la violazione del diritto dell’Unioneeuropea (come ci richiede la Corte di giustìzia), ma anche per la violazione del diritto interno.
Occorre, però, chiarire che le due situazioni, al di là delle apparenze, sono abissalmente distanti. Se una determinata interpretazione del diritto costituisca o meno violazione del diritto dell’Unione europealo stabilisce, in modo certo e inconfutabile, la Corte di giustìzia di Lussemburgo. Non altrettanto avviene quando si discutadella violazione, dapartedel giudice, della violazione del diritto interno.
Il compito di assicurare l’esatta osservanza della legge è affidato dall’ordinamento alla Corte di cassazione. Ma la responsabilità per l’esercizio delle funzioni giudiziarie è configurabile anche per le sentenze della Cassazione. La parte soccombente di un giudizio civile o l’imputato condannato in modo definitivo potranno, perciò, citare lo Stato davanti a un tribunale per sostenere che l’interpretazione del diritto, contenuta nella sentenza della Corte di legittimità, costituisce una violazione manifesta del diritto. E quindi il tribunale, e poi, eventualmente, la corte di appello giudicheranno sull’interpretazione data dalla Cassazione, cioè dalla Corte a cui è affidato direttamente dalla Costituzione il compito di accertare in modo definitivo se vi sia stata o meno, nell’esito di un giudizio, violazione di legge.
Consentire che l’interpretazione del diritto interno (civile e penale) fornita dalla Corte di cassazione formi oggetto di un nuovo giudizio civile instaurato dalla sce un vero e proprio ribaltamento dell’attuale assetto ordinamentale e processuale della giustizia. A me sembra che l’ipotesi oggettìvadi violazione manifesta del diritto debbaessere riservata al diritto dell’Unione europea, mentre, nell’ambito del diritto interno, laresponsabilitàdelloStato (e, in via di rivalsa, del magistrato) per l’esercizio delle funzioni giudiziarie non possa essere sgancia ta dalla ricorrenza di uno stato soggettivo del magistrato, e cioè di una sua negligenza inescusabile.
Vi è, anche, un aspetto di ordine pratico della questione, che merita attenzione. La possibilità per la parte di rimettere in discussione l’interpretazione posta a base di una sentenza irrevocabile (per sostenere che quella interpretazione costituisce una violazione manifesta del diritto) ha un ambito molto limitato se previstaper il solo diritto dell’Unione europea, tanto più che tale possibilità viene eliminata quando si è fatto ricorso al rinvio pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo (da qui il te alle violazioni dell’ordinamento alla cui tutela essa è preposta).
Se la stessa possibilità è estesa a tutti i giudizi di diritto nazionale, si consente in modo generalizzato alla parte soccombente di duplicare il suo processo civile, e all’imputato condannato di iniziare un giudiziocivilepercontinuareasostenere le sue tesi giuridiche respinte in sede penale. Si avrà così un altro fattore di proliferazione dei giudizi, che si aggiungerà a quello-bennoto-creatodallaapplicazione della e.d. legge Pinto. E la lentezza della giustìzia italiana (dovuta essenzialmente al gran numero di processi civili e penali, in rapporto a quello degli altri Stati europei) non potrà che aggravarsi.
Ernesto Lupo, Presidente Corte di Cassazione