Per una comunicazione intelligente, libera e rispettosa

 

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L’offerta sempre più ampia di tecniche e luoghi di comunicazione stimola la curiosità e la consapevolezza: ma avere più possibilità di comunicare significa essere più informati e in modo più obiettivo, posto che l’obiettività sia possibile, e sia un valore assoluto? Chi di noi non apre Google e si beve come verità le informazioni su qualsivoglia tema scientifico, ammesso che i più raffinati saltino wikipedia? Chi di noi non sbircia assetato l’inserto scientifico dei quotidiani più in voga, scordandosi di confrontare le informazioni, verificare le fonti, leggere tra le righe per capire i condizionamenti, le eventuali pressioni che determinano il taglio delle notizie e loro spiegazioni?

Qualche esempio …

… dai dibattiti più gettonati degli ultimi anni: il riscaldamento globale, con la contrapposizione tra negazionisti e catastrofisti; gli eventi sismici, tra previsioni impossibili o possibili, necessarie, con conseguenti accuse di omissioni gravi. Per non dire del campo medico o salutistico, con le scoperte “certificate” della cura per le malattie più sofferte, le diete di sedicenti specialisti acclarati, pericolose per la salute fisica e psichica.

Certamente l’aumento di offerta informativa è un’opportunità, ma bisogna essere accorti, e le istruzioni per l’uso non si imparano da nessuna parte. Penso soprattutto ai temi più delicati, quelli posti dalle biotecnologie e dalla bioetica: nonostante la nostra ben nota ignoranza in campo scientifico, bene o male siamo tutti più alfabetizzati. Bene o male: e se è male, siamo condannati a subire opinioni e scelte spacciate come verità scientifiche. Basterebbe l’esempio della RU486: una pillola, non un vero aborto. Un espediente, che non comporta ricoveri, dolore, da buttar giù in fretta, dimenticando. Che infamia allora negarla alle donne, costringerle al disonore di un intervento cruento. E’ proprio così? E idratare e nutrire un uomo in stato vegetativo, è alimentarlo, o accanirsi per tenerlo in vita contro natura? Le questioni si fanno complicate quando entra in gioco l’antropologia, che a sua volta interroga ciò in cui crediamo e ciò a cui apparteniamo.

Purtroppo, nella comunicazione scientifica proprio questo rimando alle domande e al destino dell’uomo viene trascurato, se non negato del tutto. Se ne parla, certo. Ma se ne parla in termini politici, a parte lodevoli eccezioni tipo l’inserto di Avvenire E’ Vita o il sito di Scienza e Vita: dall’utilizzo delle staminali
embrionali alla cura dei bambini prematuri, il fine vita… Temi che sono sempre stati occasione di scontro, di gara per accaparrarsi la patente di difensori dell’uomo, più o meno sinceramente, di solito prima di qualche tornata elettorale.

Ma la gente, cosa sa e cosa comprende? Si tratta di argomenti considerati difficili e poco interessanti,
finché non ci riguardano da vicino, e allora si decide secondo l’istinto o ciò che è più comodo, o si va dietro al pensiero dominante, che è spesso servo di qualche potere. I media più diffusi diventano de facto allora i più autorevoli, quel che riporta l’inserto o l’editoriale del tal giornale, o la tal trasmissione televisiva diventano rapidamente costume, norma.

Basti pensare al modo in cui è presentata l’educazione all’affettività, con la martellante e continua assicurazione a genitori ed educatori apprensivi che la disinvoltura e l’abuso della sessualità precoce sono segni di vivacità e libertà mentale. O la propaganda insistente alle donne in gravidanza su alcuni esami diagnostici che accertino la normalità del feto, facendo leva sulla paura e la fragilità per indicare interventi fondamentalmente eugenetici. La rete aumenta i pericoli, ma offre anche più possibilità di confronto, dai siti più beceri e pericolosi (vogliamo ricordare le istigazioni all’anoressia?) a quelli di fondazioni ed enti di provata qualità e serietà.

Navigare in campo aperto allarga gli orizzonti della ragione, se si sa navigare. La libertà è un valore se non mi nuoce, e va guidata. Dunque è necessaria un’educazione, che richiede i suoi tempi, e dei maestri. I maestri latitano, ultimamente, nella nostra cultura, dai banchi di scuola alle riviste patinate, e bisogna andarseli a cercare. Ci sono dei professionisti seri, che esercitano nella ricerca delle notizie quel binomio di virtù, “scienza e coscienza” che vogliamo nei medici, ma che sarebbe necessario in chiunque tratti tematiche attinenti alla, vita, soprattutto se è la vita dell’uomo.

La comunicazione intelligente, libera, rispettosa dell’umano può farli emergere e svelare i troppi non detti, i troppi silenzi, utili a sviare l’attenzione. Per ottenere certe leggi infatti bisogna spiegare poco, perché spiegando si rischia che la gente ragioni, ed esprima un dissenso…

 

Monica Mondo, giornalista, conduttrice TV2000

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