Emerge dalla Relazione inviata al ministero del Lavoro prima della firma del decreto che fissa a 65 mila la quota dei salvaguardati. Ma poi l’istituto smentisce. Il ministro: provocato disagio sociale
I lavoratori esodati che potrebbero avere diritto ad andare in pensione sulla base delle vecchie regole secondo il decreto Salva Italia e ilMilleproroghe sono 390.200: è quanto emerge – secondo quanto apprende l’Ansa – dalla Relazione Inps al ministero del Lavoro inviata prima della firma del decreto che fissa a 65.000 la quota dei salvaguardati.
La relazione dell’Inps. Nella Relazione firmata dal direttore generale dell’Inps, Mauro Nori si definiscono le categorie interessate alla salvaguardia rispetto alle nuove regole di accesso alla pensione sulla base delle impostazioni normative e interpretative della Ragioneria generale (la frase che esplicita questa definizione della platea in soli 65.000 soggetti è stata poi eliminata dalla versione definitiva della Relazione). In pratica, secondo la Relazione, la platea complessiva dei lavoratori esodati sulla base del decreto Salva Italia e del Milleproroghe è di 390.200 persone, platea ridotta a 65.000 lavoratori salvaguardati (e che quindi potranno andare in pensione con le vecchie regole) sulla base di criteri restrittivi nell’interpretazione delle norme messi a punto dai ministero del Lavoro e dell’Economia.
Le platee che fanno lievitare il numero degli esodati sono quelle della prosecuzione volontaria (133.000 persone autorizzate ai versamenti volontari nati dopo il 1946 e con un ultimo versamento contributivo antecedente il 6 dicembre 2011) e i cosiddetti «cessati», ovvero quelli che sono usciti dal lavoro per dimissioni, licenziamento o altre cause tra il 2009 e il 2011 che hanno più di 53 anni e che non si sono rioccupati (180.000 secondo l’Inps). Per queste due categorie il decreto del governo prevedeva rispettivamente 10.250 e 6.890 salvaguardati.
La smentita. Poi arriva la retromarcia dell’Inps. «L’Inps non ha fornito stime diverse e ulteriori rispetto al tema dei salvaguardati», scrive l’istituto in una nota. «I documenti tecnici dell’Inps – si legge nella nota – hanno consentito al ministero di formulare il decreto con la salvaguardia prevista per i 65.000 lavoratori per i prossimi 24 mesi e per alcune categorie anche oltre i 24 mesi». L’Ansa, però, conferma di essere in possesso della Relazione Inps protocollata il 22 maggio 2012, in cui si parlava di oltre 390mila esodati.
Ira di Fornero. Il governo è «consapevole» che il provvedimento sui lavoratori salvaguardati «non esaurisce la platea di persone interessate alla salvaguardia», sottolinea il ministro del Lavoro Elsa Fornero, ribadendo in 65 mila il numero dei lavoratori salvaguardati dal decreto firmato dai ministri del Lavoro e dell’Economia. «Il governo – ribadisce il ministro – conferma l’impegno per questi altri lavoratori a trovare soluzioni eque e finanziariamente sostenibili». Il ministro – si legge nella nota diffusa dal ministero del Lavoro – «ribadisce la correttezza di quanto contenuto nel decreto già firmato dal ministro del Lavoro e dal ministro dell’Economia sui salvaguardati che, sulla base delle risorse finanziarie già stanziate, definisce il loro numero in 65 mila persone».
Convocati i vertici Inps. Nel pomeriggio, dopo la diffusione della cifra, il ministro Fornero ha convocato i vertici dell’Inps per alcuni chiarimenti sui documenti diffusi, «contenenti valutazioni che non corredate da spiegazioni e motivazioni di dettaglio hanno finito per ingenerare confusione e sconcerto nella pubblica opinione». Lo si legge in un comunicato del ministero nel quale si sottolinea che il ministro «ha manifestato ai vertici Inps la propria disapprovazione e deplorato la parziale non ufficiale diffusione di informazioni che ha provocato disagio sociale».
Articolo 18. Intanto il ministro del Lavoro Elsa Fornero torna a parlare di articolo 18: «Non c’è dogmatismo né ideologia – ha detto intervenendo all’assemblea degli industriali a Novara -. Abbiamo avuto lo Statuto dei Lavoratori e l’articolo 18 per quarant’anni, adesso abbiamo la modifica del 18, ma le cose cambiano e se non funzionano come noi auspichiamo tra qualche anno potrebbero esserci altre modifiche».
Redazione Il Messaggero