Primo sì al «taglio» dei parlamentari Più controlli sui partiti

camera-dei-deputati I partiti che non si dotano di uno statuto conforme ai principi di democrazia interna verranno tagliati fuori dai rimborsi elettorali.

 

Lo stabilisce un subemendamento di PierluigiMantini (Udc) al testo che dimezza il finanziamento pubblico destinato alle forze politiche. È la legge Bressa-Calderisi che verrà approvata alla Camera in prima lettura con quest’ultimamodifica, mentre la commissione Affari costituzionali del Senato ha dato il primo via libera alla riduzione dei parlamentari: i deputati scendono a 508, i senatori a 254.

La proposta di modifica targata Udc sui finanziamenti ai partiti — passata a larghissima maggioranza — anticipa uno dei punti qualificanti di un’altra legge, quella sull’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, ancora ferma in commissione.

Per Mantini non si poteva attendere oltre: «Ci sembra una norma di assoluta civiltà che vogliamo sia inserita in questo provvedimento a prescindere dalla riforma sull’applicazione dell’articolo 49 della Costituzione che non si sa quando vedrà la luce». Eppure il subemendamento dell’Udc—sul cui contenuto i relatori Gianclaudio Bressa (Pd) e Peppino Calderisi (Pdl) avrebbero preferito un rinvio legato proprio alla riforma dell’articolo 49—implica un potenziale di sbarramento contro il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo che è regolato da un «non statuto» di 7 articoli: «Non so se questa norma avrà ripercussioni anche sul Movimento 5 stelle. Anche se è vero che Grillo ha sempre rifiutato i rimborsi…», argomenta Mantini. Lo scorso 7 aprile, infatti, il comico genovese ha scritto sul suo blog che il Movimento 5 stelle, dopo aver rifiutato un milione e 700 mila euro di rimborsi per le Regionali, si impegnava per il futuro a rinunciare «a qualsiasi forma di rimborso elettorale», compreso quello previsto per le elezioni politiche.

La clausola di garanzia riguarda soprattutto la scelta dei candidati, il rispetto delle minoranze e i diritti degli iscritti. E questa «intrusione» nelle dinamiche interne delle forze politiche fa dire a Linda Lanzillotta (Api) che potrebbero essere tanti gli svantaggi: «Meglio di nulla ma si tratta di una norma generica che in quanto tale rischia di determinare l’intervento anche arbitrario da parte dei magistrati». Vigente infatti la legge elettorale detta Porcellum, quella che nega all’elettore la possibilità di scegliere il «suo» parlamentare, «non si capisce bene chi deciderà se le liste sono state fatte con metodo democratico».

La modifica targata Udc sugli statuti interni rende evidente un problema dimetodo legislativo già evidenziato dai radicali, dalla Lega, dall’Idv, dall’Api e dal democratico Salvatore Vassallo: vale a dire, per usare ancora le parole di Linda Lanzillotta, che «si discute di finanziamento senza dire prima cosa sono i partiti e quali caratteristiche devono avere per accedere ai finanziamenti pubblici». Per esempio resta da sciogliere il nodo delle società partecipate dallo Stato per le quali un emendamento (accantonato) a firma Lanzillotta prevede «il divieto di disporre elargizioni liberali non solo ai partiti ma anche alle fondazioni ad essi riconducibili ».

L’aula ha approvato gli articoli che prevedono i controlli sui bilanci dei partiti e lo sgravio fiscale (del 24% quest’anno e del 26% a regime, contro il 19% attuale) per chi decide di disporre una donazione ai partiti entro i 10 mila euro.

Approvata anche la clausola di salvaguardia che fissa a 6 milioni il tetto di spesa per i vantaggi fiscali prevedendo, in caso di sforamento, una riduzione dell’ammontare del contribuito pubblico destinato al co-finanziamento (27 milioni 300 mila su 91 milioni di finanziamento annuo). Per Massimo Donadi (Idv) questo è un «testo indecente». E infatti Antonio Di Pietro annuncia: «Da ottobre cominceremo la raccolta di firme del referendum per chiedere nuovamente ai cittadini se vogliono o no il finanziamento pubblico ai partiti».

Sulla stessa linea si attesta la Lega: «Il taglio del 50% non ci sta bene e quindi voteremo no perché si usano ancora fondi pubblici per finanziare i partiti», chiosa il capogruppo Giampaolo Dozzo.

 

Dino Martirano, Corriere della Sera

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