È bene che il controllato sia il controllore di se stesso? Non c’è il rischio di creare un’ennesima Authority tutt’altro che indipendente, condizionata dalla maggioranza che esprime il Governo? E ancora: che accadrebbe se a promuovere ricorso contro una legge priva di copertura finanziaria fossero gli altri partner europei alla Corte di giustizia Ue e non la magistratura contabile davanti alla Consulta? L’ordine di scuderia è di tenere basso il volume, per non aggiungere fuoco all’incendio dei mercati e non creare altri dubbi rispetto agli impegni europei. Ma il pareggio (o meglio, l’equilibrio) di bilancio che l’Italia s’è data con la legge appena approdata sulla Gazzetta sta creando malumori diffusi nella Corte dei conti.
Nessuna polemica, toni bassi, si predica ai piani alti del palazzone di viale Mazzini a Roma, sede centrale della magistratura contabile. Peraltro il presidente Luigi Giampaolino non s’è mai sottratto dall’elencare rischi e difetti di una legge costituzionale votata rapidamente e con grandi numeri in Parlamento. Nessuna difesa di casta giurano alla Corte dei conti, che alle Camere ha inviato pareri di fuoco. Ma con magri risultati. Tranne che per un ordine del giorno sulla cui attuazione adesso sono diritte le antenne dei giudici contabili.
Il primo punto contestato riguarda l’istituzione «presso le Camere» di un «organismo indipendente» al quale saranno affidati compiti di «analisi e verifica» sull’andamento della finanza pubblica e di «valutazione dell’osservanza della legge». Il nuovo organismo, nominato dalle Camere, «si sovrapporrebbe con le competenze della Corte dei conti, quale giudice di legittimità e del buon governo delle risorse pubbliche», si fa notare a viale Mazzini. Senza risolvere il problema dell’indipendenza di un organismo che non avrebbe carattere magistratuale. Come la Corte dei conti, appunto. Una rivoluzione che «ripresenta quelle criticità, già sperimentate nell’operare di molte delle Authority finora costituite, di assicurare un’effettiva indipendenza al riparo dai condizionamenti della maggioranza che esprime il Governo», è l’affondo della magistratura contabile.
Altro delicato aspetto riguarda la possibilità per la Corte dei conti di promuovere giudizio di legittimità costituzionale a garanzia del pareggio di bilancio. Una norma sparita dal testo della legge. E che la Corte dei conti chiede di far rivivere. Altrimenti, si nota, si rischia di «esporre l’Italia al solo rimedio di carattere sovranazionale, disciplinato dal Patto di stabilità europeo, in base al quale gli Stati contraenti sono legittimati ad adire la Corte di giustizia per eventuali inadempienze di altro Stato rispetto all’obbligo del pareggio di bilancio».
Entrambe le contestazioni della Corte sono state ribadite in un ordine del giorno accolto dal Governo. Ora si tratta di vedere come, e se, a quei rilievi si darà applicazione. E la Corte dei conti, proprio mentre viene tirata per la giacchetta per i controlli sui bilanci dei partiti, tiene non a caso diritte le antenne. Riservando intanto – come è suo dovere – pareri molto indipendenti e circostanziati sulle manovre del Governo. E sul Def.
LA NORMA CONTESTATA
La nuova Authority
L’articolo 5, comma 1, lettera f) della legge costituzionale n. 1 del 2012 – che ha introdotto il pareggio di bilancio in Costituzione – prevede «l’istituzione presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio»
I rilievi della Corte dei conti
I magistrati contabili ritengono che il nuovo organismo, nominato dalle Camere, «si sovrapporrebbe con le competenze della Corte dei conti, quale giudice di legittimità e del buon governo delle risorse pubbliche»
Roberto Turno, Il Sole 24 Ore