Lettera di un esodato al Corriere della Sera
Caro Direttore, sono uno di quei lavoratori «sospesi» dalla riforma pensionistica del ministro Fornero. Sospeso perché resterò senza reddito alcuno per oltre tre anni. La mia storia è questa: nel novembre del 2011 firmo un accordo di esodo incentivato con la mia azienda (Poste Italiane) che prevede in cambio della mia uscita dal lavoro un incentivo economico che mi avrebbe sostenuto fino al conseguimento della pensione. Io sono nato nel dicembre del 1952 e ho 37 anni e 5 mesi di contribuzione, questo mi avrebbe permesso di avere la pensione – con le norme in vigore a novembre del 2011 – a gennaio del 2014.
La mia uscita dal lavoro è avvenuta nell’ambito di un piano di ridimensionamento dell’organico aziendale che ha visto, dal 2009 al 2011, protagonisti circa 7.000 lavoratori; lo strumento è stato utilizzato anche da molte altre aziende (Enel, Ibm, Wind, Telecom, ecc). La riforma pensionistica sposta il mio orizzonte di pensione di oltre tre anni.
Con le nuove norme e la circolare 35 dell’Inps il mio primo rateo di pensione sarà nel luglio del 2017, non rientrando nelle deroghe del milleproroghe. Il decreto prevede, infatti, che è nelle deroghe chi oltre ad avere firmato l’accordo di uscita prima del 6 dicembre 2011 ed avere lasciato l’azienda entro il 31 dicembre 2011 percepirà il primo assegno di pensione entro il 1 dicembre 2013. Dal 1° gennaio del 2014 al 1° luglio del 2017 sarò, perciò, senza pensione e senza lavoro, senza reddito. Nella stessa situazione siamo decine di migliaia, si parla addirittura di 350.000 persone. Può essere che una legge dello Stato condanni a un futuro senza speranze tanti cittadini e le loro famiglie? Si possono creare, per legge, tanti nuovi poveri? Io non credo e non sarebbe giusto. Ci aspettiamo che il governo e il ministro del Welfare mantengano l’impegno che hanno preso alla fine dell’anno scorso: «Nessuno resterà senza reddito». Io e, come ho detto, tantissimi abbiamo questo grave problema, un dramma vero. Ma non chiamateci esodati, siamo lavoratrici e lavoratori espulsi dal ciclo produttivo a seguito di programmi di ridimensionamento del personale e di riorganizzazioni aziendali, non cittadini impegnati in una biblica traversata.
Cordiali saluti