La tv di Stato Il presidente del Consiglio punta a una «moral suasion» sulle nomine dei partiti, senza cambiare la Gasparri. Solo esperti e manager, esclusi gli ex parlamentari. Deleghe e poteri rafforzati per il direttore generale.
Accantonata l`ipotesi di una riforma della legge Gasparri (per il Pdl la materia è semplicemente non negoziabile e quindi non votabile), ridimensionati gli entusiasmi per il commissariamento (di difficile applicazione, soprattutto con un bilancio 2011 a un passo dall`approvazione con 5 milioni di attivo), Mario Monti vede avvicinarsi sempre di più la scadenza del Consiglio di amministrazione presieduto da Paolo Garimberti, ovvero fine aprile-maggio.
Il presidente del Consiglio, nelle ultime ore, avrebbe messo a punto un`ipotesi di lavoro per rinnovare i vertici di viale Mazzini, ascoltando sia le richieste del Pd (che esige una discontinuità altrimenti non voterà in Vigilanza) sia quelle del Pdl (non toccate la Gasparri). Monti punterebbe su una sorta di «moral suasion» nei confronti delle forze politiche: nessun cambiamento di leggi ma una intesa stabilita sulla responsabilità politica, con un decalogo concordato tra le parti.
Primo: niente politici tra i membri del Consiglio di amministrazione.
Secondo: niente ex politici.
Terzo: solo personaggi di alto livello culturale e manageriale, di riconosciuta competenza nel settore radiotelevisivo e dei new media, non espressione diretta degli apparati dei partiti.
Se la proposta fosse accettata, si potrebbe parlare di svolta: il Pd chiede che la politica abbandoni la Rai, il Pdl sostiene che una legge c`è e la si deve applicare. Quindi, stando all`ipotesi Monti, nuovo Consiglio comunque a nove membri di cui sette votati dalla commissione di Vigilanza ma escludendo personaggi collegabili alla politica.
Così, per esempio, non entrerebbero più in Consiglio Guglielmo Rositani o Antonio Verro (ex deputati Pdl) o Rodolfo de Laurentiis, Udc (a sua volta ex deputato). Il ministero dell`Economia (quindi sempre Monti) sceglierebbe un manager come proprio Consigliere Rai, sottolineando quindi ancora di più la natura tecnica dell`intervento.
Le novità più rilevanti riguarderebbero il direttore generale (per Monti il candidato ideale resterebbe Enrico Bondi, risanatore della Parmalat e «perfetto» per le incertezze Rai). Ricorrendo all`articolo 26 dello Statuto Rai, il Consiglio si impegnerebbe a trasmettergli molte deleghe operative, alzando per esempio il suo potere di spesa ben al di sopra dei 2,5 milioni attuali (oltre quella cifra si va in Consiglio).
Si potrebbe prefigurare la nascita di un amministratore delegato non di nome ma nei fatti: il Consiglio smetterebbe di riunirsi con cadenza settimanale, diventerebbe un organismo di alto indirizzo editoriale ed economico, limiterebbe le sue riunioni a pochi appuntamenti annuali, lascerebbe al rinforzato direttore generale molti poteri, magari anche le famose nomine proprio per tagliare i legami tra i Palazzi e chi deve scegliere i direttori di tg, reti e direzioni varie.
Secondo alcune interpretazioni però l`articolo 26 dello Statuto Rai prevede deleghe ma solo all`interno del consiglio stesso. Con questa seconda lettura giuridica, molte deleghe potrebbero invece essere affidate al presidente.
Potrebbe così nascere un vertice Rai con un Cda comunque dai poteri ridotti, con una forte presidenza operativa e un direttore generale-manager.
Oltre a Bondi, per entrambe le ipotesi di presidenza e direzione generale, continuano a circolare anche i nomi di Claudio Cappon (due volte direttore generale), di Giancarlo Leone (considerato un sicuro aziendalista), di Rocco Sabelli (manager uscente di Alitalia).
LE PROPOSTE SU VIALE MAZZINI
I consiglieri Lo schema che il premier Monti potrebbe proporre ai partiti sulla riforma della Rai prevede che i consiglieri non siano politici e siano personalità di riconosciuto valore e di ampia conoscenza della materia radiotelevisiva
Il direttore generale Tra le ipotesi che sono attualmente allo studio da parte del governo Monti c`è quella di attribuire al futuro direttore generale dell`azienda di Stato ampie deleghe da parte del Consiglio di amministrazione
Il potere di firma Un`altra regola sarebbe quella di aumentare il limite del potere di firma del dg, che per adesso può sottoscrivere soltanto impegni inferiori ai due milioni e mezzo di euro (impegni di entità superiore passano in Consiglio)
Paolo conti, Corriere della Sera