Forum con cinque giuslavoristi che giudicano l`efficacia e gli sviluppi delle misure del governo Monti sul Welfare
I punti oscuri superano quelli accettabili: è il parere diffuso fra gli esperti del lavoro sulle riforme all`articolo 18. Ci sono sia rischi psicologici – l`affrontare un tema così ansiogeno nel pieno della recessione – che tecnici: non è la capacità dei giudici di affrontare le maggiori responsabilità che preoccupa, ma la necessità di non lasciare vie aperte ai licenziamenti di comodo. Significa che se la prova della discriminazione è a carico del lavoratore e quella del motivo economico dell` imprenditore, va evitato che quest`ultimo abbia diversi giorni prima di dover motivare il provvedimento perché nel frattempo può modificare la situazione.
Tutti poi invocano gradualità nella riforma, come è successo con il passaggio al contributivo nelle pensioni.
LE DOMANDE AGLI ESPERTI
- Nella riforma dell`art. 18 sono stati lesi dei diritti?
- Sono possibili abusi nella formulazione proposta?
- Il governo potrà accettare delle modifiche?
Pietro Ichino giuslavorista e senatore del Pd: “Dico sì alle modifiche però attenti ai gattopardi”
1. “La Consulta ha affermato che il principio della reintegrazione nel posto di lavoro non corrisponde a un vincolo costituzionale. Né è imposto da norme sovranazionali: altrimenti non si spiegherebbe che la reintegrazione automatica sia una peculiarità italiana. Comunque è opportuno differire l`applicazione della nuova disciplina ai vecchi rapporti di 12 anni per consentire che i vecchi equilibri contrattuali siriassestino in relazione al nuovo regime”.
2.”I giudici del lavoro sono perfettamente in grado di individuare i motivi discriminatori che possono nascondersi dietro i motivi economici, anche invia presuntiva sulla base del- le circostanze, come fanno in tutti i Paesi. Vedo semmai un difetto nel non aver modulato l`indennizzo in relazione all`anzianità di servizio: avrebbe consentito di rendere più fluida la parte iniziale del rapporto, quindi appetibile per le imprese l`assunzione a tempo indeterminato di coloro che non potranno più essere assunti in forma di collaboratori autonomi”.
3. “I miglioramenti possibili sono molti. Purché non siano nel segno del gattopardo. Cioè non servano per lasciare, in realtà, le cose come stanno”.
Tito Boeri direttore Fondazione Debenedetti: “Non si scoraggiano i contratti a termine”
1.”Un problema è che si interviene su tutti i lavoratori, compreso chi ha un contratto a tempo indeterminato in essere. Era più giusto prevedere delle regole applicabili solo ai nuovi assunti con contratto indeterminato. Dato che oggi gli assunti non hanno quasi mai tale contratto, è un modo per dare più tutele migliorando la qualità.Aregime poi tutti avranno lo stesso trattamento”.
2. “Gli abusi erano possibili con la normativa attuale e lo saranno con la nuova. Coinvolgere i giudici così tanto attribuendogli piùlivelli decisionali non aiuta. Bisogna puntare su norme più semplici e facili da interpretare che privilegino la trasparenza. Aumentare poi i costi per i contratti parasub ordinati senza imporre minimi permette al datore di lavoro di scaricare sul lavoratore questi costi riducendogli il salario e non scoraggia l`abuso di questi contratti”.
3. “La via d`uscita è intervenire sui nuovi contratti creando tutele che crescano con il passare degli anni. Si conciliano così la flessibilità nei primi anni in Tito Boeri, cui il datore di lavoro saggia le competenze e l`etica dei lavoratori e l`esigenza di pianificare un lungo rapporto di lavoro che valorizzi gli investimenti in formazione del lavoratore e dell`azienda”.
Pietro Garibaldi Università di Torino, “Era più giusto e utile agire sui neoassunti”
1. “Più che di lesione parlerei di una modifica in corsa del modo in cui un licenziamento viene risarcito. La soluzione proposta dipende troppo dalle decisioni del giudice ed è confusa. Difficile poi comprendere l`orientamento alasciar fuori il settore pubblico. Ed è un errore applicare la riforma a chi ha un contratto indeterminato intervenendo sullo stock dei lavoratori: era più corretto agire sui flussi, i nuovi contratti”.
2. “Non si risolve la questione del precariato. Se si decidesse di agire sui flussi si darebbe agli imprenditori, inclusi i tanto citati investitori esteri, la possibilità di regolarizzare giovani e precari assumendoli con un nuovo contratto atempoinde- terminato. I giovani accetterebbero volentieri questa forma contrattuale, con molte più tutele. Il tutto accompagnato damisure per rendere impraticabile il lavoro parasubordinato”.
3.”Rimodulando l`intervento sui flussi si arriverebbe a un compromesso dignitoso creando un quadro moderno con un contratto indeterminato e tutele che crescono con l`anzianità di servizio. Credo che la Cgil potrebbe accettare un intervento del genere perché mi risulta che la Camusso non fosse orientata ad unno atutti i costi”.
Tiziano Treu ex ministro e senatore del Pd, “Il modello tedesco è il più funzionale”
1. “Non parlerei di lesione dei diritti, ma di diversa forma di tutela. Si tratta di dare una valutazione storica: le tutele possono cambiare se cambia il quadro internazionale. Ho sempre pensato che le protezioni dell`art.18 non fossero dei principi im- mutabili. A quale modello tendere? Il più funzionale è quello tedesco”.
2. Il pericolo di abusi c`è già nella struttura attuale. Ci sono sempre dei giudici investiti dalla responsabilità di distinguere il tipo di licenziamento, ora quest`interpretazione avrà conseguenze diverse. Non sottovalutiamola capacità dei giudici, già oggi messi alla prova da 200mila cause di lavoro ogni anno, più della metà di caratte- re previdenziale: quello sì che è un lavoraccio. Poche migliaia sono cause di licenziamento, e il numero non salirà molto. Piuttosto vanno introdotte misure perché i casi si risolvano entro 4-5 mesi”.
3. “Se ci saranno modifiche nessuno dovrà drammatizzare. In Parlamento modifiche se ne fanno a tutto: sulle liberalizzazioni abbiamo ascoltato quello che dicevano farmacisti e tassisti, possibile che non si debba discutere su questa vicenda che è enormemente molto più importante?”
Pasquale Sandulli Università europea, “Licenziamenti collettivi c`è un vuoto pericoloso”
1. “C`è un cambio di norme, dunque i diritti saranno diversi. La reintegrazione, nella sua complessa disciplina attuale, non è un diritto fondamentale in sé, la Corte Costituzionale l`ha affermato in più occasioni. Ravviso però vuoti pericolosi come la mancata revisione dei licenziamenti collettivi: significa che vengono assimilati a quelli economici tout court? Non appare corretto”.
2. “È giusto tener fuori i pubblici dipendenti dalla riforma. Viene rinnovato il mercato del lavoro: il pubblico impiego è altra cosa. Ciò non esclude che la p .a. possa dover ridurre il personale, ma il problema va risolto diversamente. Altro caso è la collocazione degli anzia- ni nella manovra: c`è un po` di schizofrenia nel governo che prolunga l`età lavorativa attraverso l`opzione pensionistica a 70 anni e poi estende l` art.18 in favore di chi si prepara ad arrivare a quella soglia”.
3. “Il fatto che si sia scelto il ddl con la curiosa dizione `salvo intese` indica la complessità del caso. La Cgil non mollerà facilmente; oltretutto la sentenza p er il reintegro dei tre sindacalisti Fiat è un`arma straordinaria al momento giusto. In Parlamento p erò il problema è nelle mani del Pd” .
I lavoratori precari in Italia, dati 2010
Dipendenti a termine involontari: Totale 2.012.676 Incidenza % donne sul totale 50,0%
Lavoratori part-time involontari: 1.660.081, di cui l’incidenza femminile è il 73,7%
Collaboratori vincolati* 177.753, di cui l’incidenza femminile è il 62,0%
Partite Iva vincolate* 90.910, di cui l’incidenza femminile è il 43,4%
Totale precari 941.420, di cui l’incidenza femminile è il 60,4%
Incidenza % precari su occupati 17,2%
* Tre vincoli: monocommittenza, orari lavoro prefissati, lavoro nella sede del committente
Come si distribuiscono i precari per età (dati in %):
30,3 tra 25-34 anni 1,193.721
17,6 tra 15-24 anni 694.401
27,2 tra 35-44 anni 1.070,334
24,9 oltre i 44 anni 982,964
Fonte: Elaborazioni Ufficio studi CGIA su dati lstat
Eugenio Occorsio, La Repubblica