Il magistrato potrebbe essere portato a preferire la soluzione che lo possa meglio preservare dal rischio dell’ esercizio dell’azione diretta
Il Consiglio Superiore della Magistratura prende posizione contro l’emendamento Pini alla legge comunitaria che modifica la responsabilità civile dei magistrati. La norma in questione, attualmente all’esame della Commissione giustizia del Senato, “mette seriamente a rischio l’indipendenza della magistratura, volendo modificare la responsabilità civile dei magistrati, e potrebbe rendere il sistema giudiziario italiano decisamente ingestibile, fino all’implosione.” È quanto si legge nel documento approvato ieri dal plenum del Csm, con 19 voti a favore, 3 voti contrari e un astenuto.
Il parere è stato fatto pervenire al ministro della Giustizia Paola Severino, mentre al Senato è in corso un braccio di ferro tra il Pdl, che difende l’emendamento formulato dal leghista Pini e il Pd, che invece vorrebbe modificarlo o cancellarlo.
Con un’ accelerazione improvvisa, il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha votato un parere di quattro pagine che boccia la norma sulla responsabilità civile dei magistrati giunta al Senato in seconda lettura nella legge comunitaria: un testo – argomenta l’ organo di autogoverno – che «espone il sistema al rischio implosione» perché «rischia di condizionare pesantemente i magistrati».
A destare la preoccupazione del Csm è la possibilità introdotta dalla norma di agire direttamente contro il magistrato da parte di chi si ritiene danneggiato dalla sua decisione, a differenza di quanto prevede la normativa attuale, laddove la responsabilità è attribuita allo Stato. Scrivono, a tal proposito, i consiglieri: “Il magistrato, destinato a scegliere tra tesi contrapposte, potrebbe essere condizionato e influenzato in tale scelta e portato a preferire la soluzione che lo possa meglio preservare dal rischio dell’esercizio dell’azione diretta.” Il timore è che vi siano magistrati più “timidi” e di conseguenza un esercizio della giustizia annacquato. Inoltre, prosegue il documento, le parti attraverso l’esercizio dell’azione nei confronti del magistrato, potrebbero “costringere il giudice non gradito all’astensione” e dunque potrebbero “indirettamente, scegliersi il proprio giudice”.
Il voto del Csm arriva comunque alla vigilia del vertice tra il presidente Monti e i segretari dei partiti. Il parere consegnato al Guardasigilli demolisce uno dei punti dell’ ordine del giorno del vertice a cui il segretario del Pdl, Angelino Alfano, non intende rinunciare davanti al Pd e all’ Udc che gli chiederanno più severità contro la corruzione.
Parimenti, il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, si è fatto preparare un pesante dossier che invece gli permetterà di illustrare a Monti tutti i pericoli per la giurisdizione nascosti dietro l’ emendamento sulla responsabilità civile dei magistrati: un articolo che, nelle intenzioni dei democratici, magari potrebbe essere stralciato dalla legge «comunitaria» se proprio il Pdl dovesse insistere nel voler stralciare dal ddl anticorruzione le norme penali che introducono i reati di corruzione tra privati e di traffico di influenza (una nuova fattispecie che colpisce i mediatori degli appalti).
In questo clima di disarmo bilaterale, la mossa improvvisa del Csm (la VI commissione si è riunita in seduta straordinaria alle 16.30, il plenum ha votato la pratica alle 20) rischia, tuttavia, di rendere più complessa la trattativa sulla giustizia tra Monti e i partiti che aveva già individuato un punto di equilibrio obbligato. Da un lato, dunque, alla Camera ci sarebbe lo stralcio dal ddl anticorruzione della parte penale (con il varo di una delega al governo di intervenire in tempi certi sui nuovi reati) e, contestualmente, verrebbe concordata la riformulazione della norma sulla responsabilità dei giudici: eliminando dal testo del Senato la citazione diretta del magistrato che è oggettivamente improponibile anche per il relatore del Pdl.
Il Csm, osserva il consigliere laico Guido Calvi (eletto dal Parlamento su indicazione del centrosinistra), ha fatto il suo dovere senza invasioni di campo: «Abbiamo espresso un parere prima che iniziasse il dibattito parlamentare proprio per non creare inopportune interferenze». Se infatti il plenum non avesse votato ieri sera, la pratica sarebbe stata rimandata alla prossima settimana. A Palazzo dei Marescialli è dunque prevalsa la linea di varare in tutta fretta il parere che colpisce il cuore della norma voluta da Pdl e Lega. Perché, è scritto nel documento, «il quadro che se ne ricava è allarmante: in quanto, di fronte alla praticabilità ampia della citazione diretta, il magistrato, destinato a scegliere tra tesi contrapposte, potrebbe essere condizionato e influenzato in tale scelta e portato a preferire la soluzione che lo possa meglio preservare dal rischio dell’ esercizio dell’ azione diretta».
Tutto questo è successo nel giorno in cui il Senato ha approvato a larghissima maggioranza il ddl che ratifica e attua la convenzione di Strasburgo contro la corruzione, datata 1999: ovvero, dopo 13 anni, è stato dato il primo via libera al testo che impegna l’ Italia a introdurre nel codice la corruzione tra privati e il traffico di influenza.
E in un clima d’ Aula pieno di distinguo, ma comunque rasserenato, i senatori del Pd e del Pdl sono intervenuti con le stesse parole per difendere il presidente Renato Schifani pesantemente attaccato da Roberto Calderoli e da Federico Bricolo della Lega dopo che la presidenza aveva ritenuto inammissibile un ordine del giorno del Carroccio.
In Aula il ministro della Giustizia, Paola Severino, ha detto che il governo «è totalmente adesivo rispetto alla ratifica di questa convenzione»: perché la corruzione, ha aggiunto, «è una minaccia per lo Stato di diritto» in quanto «mina i principi del buon governo, ostacola lo sviluppo economico, falsa la concorrenza e mette in pericolo le istituzioni democratiche e i principi fondanti della società». Resta da vedere cosa farà oggi il governo alla Camera, dove riprendono le votazioni in commissione sul ddl anticorruzione. Il testo è fermo, in attesa degli esiti del vertice di stasera, all’ esame dell’ emendamento di Roberto Giachetti (Pd): quello che punta a limitare nel tempo gli incarichi fuori ruolo dei magistrati ordinari e amministrativi.
Il disegno di legge Torna in agenda il ddl anticorruzione, nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera, il ddl anticorruzione. Il ddl torna in agenda dopo lo stop di un mese voluto dalla Guardasigilli Paola Severino lo scorso febbraio.
L’ ipotesi di stralciare la parte penale La soluzione più probabile è di stralciare la parte penale e affidare una delega al governo, così da affrontare i nodi più controversi.
Il sì alla convenzione firmata nel 1999 Il Senato ha approvato il ddl di ratifica della convenzione penale sulla corruzione, siglata a Strasburgo a gennaio 1999