Più consenso meno leadership – più leadership più consenso

monti

L’avvento dell’era montiana dà la possibilità alla politica di riflettere su se stessa e di provare a pensare ai miglioramenti da porre in essere partendo da ciò che non ha funzionato negli ultimi 20 anni. Certamente l’esame è ampio e non affrontabile in un articolo.

Uno degli aspetti cardine della politica degli ultimi 20 anni, in parte giustificato dal bipolarismo e dalla presenza in campo di un player che dei mezzi di comunicazione ha fatto il suo punto di forza, è stato quello della ricerca assoluta del consenso, fine a se stesso, a discapito della leadership.

Il consenso è sempre stato e sempre sarà il fondamento della democrazia. Ma la sua ricerca, nel corso degli anni, è stata gestita in maniera troppo disinvolta. Nella cosiddetta e talvolta troppo vituperata prima repubblica, il consenso veniva costruito giorno per giorno nel contatto con i propri elettori, cittadini, attraverso la presenza capillare dei partiti sul territorio, anche e non solo, come luogo di aggregazione sociale.

Dopo la sbornia referendaria dei primi anni 90 e la corrispondente cancellazione della vecchia classe politica, anche e per causa di Mani Pulite, con la cosiddetta discesa in campo (espressione tanto centrata dal punto di vista comunicazionale quanto errata dal punto di vista dell’essenza democratica di un Paese) del tycoon, in un contesto bipolare, si è piombati di colpo in una presenza ipertrofica del mezzo televisivo, che ha invaso la politica, e dalla politica di è fatto invadere, e nella necessità irrinunciabile di comunicare prima di pensare e agire. La comunicazione televisiva accentuata da parte di uno dei due soggetti politici, ha spinto l’altro, per schismogenesi simmetrica, per dirla con l’antropologo Bateson,  a essere altrettanto presente, se non di più e ad alzare sempre di più l’asticella della comunicazione e il volume della voce.

Comunicando si invia un messaggio, e questo messaggio genera sempre un feed back in termini di gradimento. Crea o distrugge il consenso. Messaggio, genera messaggio, che genera sondaggio da cui si riscontra consenso in crescita o diminuzione.

Inizia così la fine della politica. Inizia quel percorso di 20 anni, da Mani Pulite in poi, in cui la comunicazione da trasmissione di messaggio, rispetto a qualcosa di esistente, diventa costruzione della realtà e rappresentazione della stessa. Si entra in un circolo vizioso in cui chi non è visibile, in televisione (e oggi sui social network), non esiste.

La politica oggi dovrebbe a tutti i livelli, senza ignorare la comunicazione, recuperare la capacità di generare idee e visioni, condividerle nei partiti e da qui generare implementazione attraverso azioni concrete, e comunicazione delle stesse con, da una parte, l’obiettivo di tracciare percorsi, e dall’altra quello di costruire consenso sugli stessi.

La parentesi montiana, di uno o più anni, lo smantellamento del vecchio quadro bipolare e muscolare della contrapposizione fra destra e sinistra e il recupero della capacità di fare centro, sono l’occasione per la politica di oggi di recuperare il proprio ruolo di leadership nei confronti del quadro sociale. Solo offrendo dapprima la leadership e poi inseguendo il consenso la politica può offrire al Paese un progetto di rinascita e crescita proiettato sul futuro delle prossime generazioni.

  


Aldo Scaringella, redazione fareCentro

 

 

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