La chiamano «seconda fase» e in soldoni vuol dire che le liberalizzazioni non possono restare da sole, devono accompagnarsi all’ irrobustimento del terziario.
Ci avviciniamo al Professional day (1° marzo), che segnerà un momento importante del confronto tra il mondo delle professioni e il governo Monti, e nel dibattito, seppur cautamente, cominciano a venir fuori riflessioni meno esasperate.
Un esempio è «Il progetto delle professioni per l’ Italia», la lettera congiunta degli architetti, dei geologi, degli agronomi e forestali e degli ingegneri che si può leggere e scaricare su nuvola.corriere.it . Firmato dai presidenti Freyrie, Graziano, Sisti e Zambrano, il documento ammette che «la correzione di regole antiche è necessaria e utile per i cittadini e i professionisti», ma allo stesso tempo critica chi pensa che un maggior tasso di concorrenza rappresenti «una bacchetta magica».
È un’ illusione credere che la sola scelta di nuove regole «possa aumentare il Prodotto interno lordo o aiutare l’ Italia a uscire dalla crisi». Architetti e ingegneri rappresentano con gli altri una comunità di mezzo milione di persone che vorrebbe tutelare la mediazione tra bene pubblico e sviluppo economico, migliorare l’ habitat e renderlo compatibile con la crescita, aiutare l’ industria a ideare soluzioni innovative per aumentare la sicurezza dei cittadini e la sostenibilità ambientale.
Succede così in Germania, India e Brasile: perché da noi, invece, «si ragiona solo di tariffe e corporazioni, di valore legale del titolo di studio, in un clima di recessione culturale oltre che economica?».
La riforma si farà, anche se «a spizzichi e bocconi», il governo correggerà «gli errori figli dell’ assenza di un progetto», ma il giorno dopo – sostengono Freyrie e gli altri presidenti – i giovani agronomi, architetti, ingegneri e geologi «continueranno ad essere alla periferia dello sviluppo, disoccupati o poveri, senza alcuna possibilità di mettere le loro idee al servizio del Paese».
Per evitare questa contraddizione e approvare delle liberalizzazioni-senza-lavoro ecco spuntare il suggerimento di «una seconda fase». Un assist che il governo farebbe bene a sfruttare.
Dario Di Vico, Corriere della Sera, 21 febbraio 2012