tratto da IL GAZZETTINO di giovedì 8 dicembre 2011
Alberto Francesconi
Il ministro per la coesione: «Il processo è ormai avviato e fari il suo corso, si ai costi standard»
MESTRE Una settimana per far decollare un “piano di azione coesione” in grado di garantire sviluppo alle Regioni nonostante la drastica stretta imposta dal Governo Monti. È la sfida che si trova ad affrontare Fabrizio Barca, 57 anni, neo ministro per la Coesione territoriale che martedì ha illustrato alle commissioni Bilancio di Camera e Senato le linee della sua azione.
Ministro, la sola formulazione del suo dicastero ha fatto venire l’orticaria ai vertici della Lega Nord. Ci sarà una marcia indietro rispetto alla riforma del federalismo?
«No. C’è una straordinaria continuità con il governo precedente, dove la funzione della coesione territoriale era già esistente all’interno del ministero degli Affari regionali. Il fine rimane quello di attuare l’indirizzo che promuova l’utilizzo dei fondi comunitari a beneficio di tutto il Paese».
Quindi la riforma federalista non si fermerà?
«No, il processo ormai è già avviato e farà il suo corso».
Anche per quanto riguarda i trasferimenti legati ai costi standard e non alla spesa storica? «Certamente, è una linea che personalmente considero appropriata e consona. Perché significa che l’utilizzo delle risorse è legato alla definizione dei costi, degli standard qualitativi e dei servizi erogati».
In commissione però ha già detto che non sappiamo spendere i soldi. Siamo in grave ritardo nell’utilizzo dei fondi comunitari.
«L’Italia ha accumulato un grave ritardo, cosa che in passato non era accaduta. Se prima avevamo una percentuale di pagamenti comunitari del 16 per cento, ora siamo scesi al 7,4 per cento. È una cosa inaccettabile, perché rischiamo di perdere i finanziamenti ma anche di essere ridimensionati nella prossima programmazione dei fondi 2016-2020. Anche su questo aspetto vedo una continuità con il Governo precedente: il tema dell’utilizzo dei fondi comunitari era al centro della lettera del presidente del Consiglio alla Commissione europea del 26 ottobre scorso».
Il piano di azione coesione invita le Regioni a utilizzare meglio i fondi. Ma lei ha dichiarato che rispetto al passato le Regioni devono anche “disamorarsi di alcune cose”. Che cosa significa?
«Quando si destinano risorse per determinati interventi bisogna vedere se poi ci sono la capacità, i tempi e le condizioni per realizzarli. Se ci si accorge che la strada intrapresa è sbagliata, bisogna abbandonarla».
Il suo piano prevede significative azioni di sviluppo, ma restano pochi giorni per concordarlo con le Regioni. Ce la farete?
«Ci sono tutte le condizioni per riuscire. Il Governo ha inserito nel decreto una norma che consente alle Regioni di derogare al Patto di stabilità interno quando si utilizzano fondi comunitari fino a una soglia di un miliardo di euro per tre anni. Questa possibilità è estremamente importante, per le Regioni del Centro Nord l’impostazione è automatica, mentre al Centro Sud è subordinata alla chiusura di un accordo entro il 15 dicembre. Se si fa presto, i benefici saranno per tutti».