tratto da Corriere della Sera del 22 novembre 2011
Di De Bac Margherita
L’ intervista – Il giurista «padre» dei Dico sulle coppie di fatto: sono cattolico ma non ho vissuto alcuna lacerazione
Balduzzi, ministro della Salute: non prenderemo iniziative autonome
ROMA – «Quando ho letto che non sarei gradito al Vaticano dentro di me ho sorriso. A me non risulta. Queste chiacchiere mi paiono residui di quella contrapposizione che si è sviluppata dai Dico. Oppure il frutto di qualcuno che vuole accreditarsi in certi ambienti come più fedele. Il mondo è vario e vasto».
Renato Balduzzi, nuovo ministro della Salute, costituzionalista dell’ Università Cattolica, specialista di questioni giuridiche in Sanità, respinge con gentilezza le maldicenze di chi lo ha dipinto come un cattolico scomodo per le gerarchie ecclesiastiche. Che non avrebbero gradito la sua nomina. La «macchia»? Aver lavorato al testo sui Dico, la legge sui diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi presentata dal governo Prodi nel 2007. «La mia storia sta tutta nella Chiesa al cui interno c’ è dialogo, ci sono posizioni diverse dentro principi comuni», replica nella sua prima, cauta intervista, attento a non tradire l’ impegno col premier Monti circa il riserbo sui programmi. La lista dei ministri abbozzata prima di salire al Quirinale prevedeva una serie di candidati (il più accreditato nella corsa era il presidente dell’ Istituto superiore di Sanità, Enrico Garaci). Infine la scelta è ricaduta su di lui, presidente di Agenas (nominato dall’ ex ministro Livia Turco), l’ agenzia per i servizi sanitari regionali, grande esperto di leggi e meccanismi amministrativi.
Professor Balduzzi qual è la sua storia?
«Il mio percorso cattolico comincia negli anni giovanili nell’ Azione Cattolica con responsabilità a livello diocesano e nazionale. Poi il Movimento ecclesiale di impegno culturale, il Meic, di cui sono stato presidente per sei anni. Una militanza intensa. Ora dirigo la rivista “Coscienza”».
Il suo ruolo come estensore della legge sui Dico non stride con questo percorso?
«Direi di no. Nel 2007 ero consigliere giuridico del ministro Bindi, in qualità di tecnico lavorai su quel disegno di legge cercando di elaborare un testo che tenesse conto dei valori costituzionali e di quelli etico-culturali. Non avrei mai accettato di scrivere qualcosa che contrapponesse i due profili. E infatti non ho vissuto la lacerazione tra il mio essere cattolico e la richiesta del Parlamento di cercare di dare struttura giuridica a situazioni di fatto che richiedevano diritti e doveri».
Ai tempi del caso Englaro (la donna in stato vegetativo alla quale vennero sospese le cure su sentenza della Corte di Cassazione) lei affermò di ritenere necessario che l’ iter della legge sul testamento biologico fosse portato a compimento pur non aspettandosi che la norma avrebbe potuto risolvere tutto. È ancora di questo avviso?
«L’ orientamento del governo è di lasciare che su queste tematiche prosegua il lavoro parlamentare legislativo. Il governo si rapporterà alle commissioni parlamentari. L’ esecutivo ha il massimo rispetto delle Camere. Non apparteniamo a una maggioranza precostituita. Faremo in modo che queste tematiche perdano il carattere divisivo avuto finora».
Un carattere divisivo ha anche la legge sulla procreazione medicalmente assistita. Da costituzionalista pensa che la legge debba essere rivista?
«A suo tempo sostenni che si trattava di materia che necessitava di una legislazione, naturalmente nel rispetto della Costituzione e degli orientamenti del giudice costituzionale. Non è nostra intenzione prendere ulteriori iniziative, ci rimettiamo alle Camere. Noi possiamo offrire un contributo unitivo. Non credo spetti a un esecutivo come il nostro assumere iniziative autonome».
Lei ha partecipato alla Riforma sanitaria del ‘ 99 varata dal ministro Bindi che tra l’ altro prevedeva incompatibilità tra professione privata e pubblica dei medici, distingueva attività intramuraria in ospedale ed extramuraria e completava la regionalizzazione. Intende utilizzare la sua esperienza giuridica per nuove modifiche?
«Il sistema è già ben delineato e non partiamo da zero. Bisogna soltanto rafforzare la sorveglianza e il monitoraggio con strumenti già previsti. Rispetteremo e valorizzeremo le autonomie regionali nell’ ambito di una necessaria coerenza di sistema. Tra le coerenze c’ è il lavoro portato avanti con le Regioni in deficit, che sono sottoposte ad un piano di rientro, sulla base di norme varate dal ‘ 99 a oggi. Sappiamo che dove ci sono disavanzi seri i servizi perdono qualità. È il caso soprattutto delle Regioni del Sud, per le quali l’ impegno sarà massimo. Ristabilire equilibrio finanziario e riqualificare i servizi sono due facce della stessa medaglia. Tagli sì, ma intelligenti e senza indebolire il sistema».