Tratto dal Corriere della Sera del 5 dicembre 2011
Di Messori Marcello
Di recente l’ Istat e altri istituti statistici dell’ Unione Europea hanno effettuato una revisione dei macrodati relativi ai prodotti netti nazionali. Per l’ Italia, questa revisione ha attenuato il quadro di stagnazione del periodo pre-crisi ma non ha cancellato il fatto che, durante il primo decennio del Duemila, il nostro Paese ha realizzato le peggiori variazioni relative nella produttività del lavoro e in altre forme di produttività.
Il ristagno della produttività è uno dei maggiori ostacoli alla crescita economica italiana e, di conseguenza, una delle principali cause di fragilità del nostro bilancio pubblico. Tale ristagno ha molte spiegazioni interne ed esterne alle attività produttive di mercato; fra quelle esterne, hanno un peso importante le posizioni di rendita che caratterizzano l’ offerta di molti servizi alle imprese e ne innalzano i prezzi. È per esempio noto che le imprese italiane devono sopportare costi per l’ energia molto più elevati delle concorrenti europee. L’ aspettativa è che il governo Monti cancelli queste aree di rendita. Rimuovendo i vincoli regionali alla flessibilità negli orari di apertura degli esercizi commerciali e smantellando i monopoli nella distribuzione dei prodotti farmaceutici e dei carburanti, la bozza del capitolo sulle liberalizzazioni contiene efficaci interventi a favore dei consumatori; tuttavia, essa non interviene direttamente sulle macroscopiche rendite che pesano sulle imprese italiane esposte alla concorrenza di mercato. È vero che altri capitoli della manovra alludono a liberalizzazioni rilevanti anche per i produttori (per esempio, riguardo ai servizi locali); ma tali segnali non bastano ad aprire quella stagione di «lotta alle rendite» che è una delle scommesse essenziali per le nostre possibilità di crescita.