Audizione del professor Francesco Palazzo, ordinario di diritto penale presso l’Università degli studi di Firenze

CAMERA DEI DEPUTATI – XVI LEGISLATURA

COMMISSIONI RIUNITE

I (AFFARI COSTITUZIONALI) E II (GIUSTIZIA)

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA

Seduta di martedì 13 settembre 2011

INDAGINE CONOSCITIVA NELL’AMBITO DELL’ESAME DEI PROGETTI DI LEGGE RECANTI DISPOSIZIONI PER LA PREVENZIONE E LA REPRESSIONE DELLA CORRUZIONE E DELL’ILLEGALITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (C. 4434 GOVERNO, APPROVATO DAL SENATO, C. 3380 DI PIETRO, C. 4382 GIOVANELLI, C. 3850 FERRANTI, C. 4516 GARAVINI E C. 4501 TORRISI)

 

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca, nell’ambito dell’indagine conoscitiva attinente all’esame dei progetti di legge C. 4434 Governo, approvato dal Senato, C. 3380 Di Pietro, C. 4382 Giovanelli, C. 3850 Ferranti, C. 4516 Garavini e C. 4501 Torrisi, recanti disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, l’audizione del professor Francesco Palazzo, ordinario di diritto penale presso l’Università degli studi di Firenze.

Do subito la parola al professor Palazzo.

FRANCESCO PALAZZO, Professore ordinario di diritto penale presso l’Università degli studi di Firenze. Signor presidente, data la mia provenienza e pur avendo consultato tutti i disegni di legge all’esame di questa Commissione, la mia attenzione si concentrerà prevalentemente sull’aspetto penale del contrasto alla corruzione.

Anche tra i penalisti è condivisa l’opinione che sia indispensabile condurre l’azione di contrasto alla corruzione sul versante preventivo di carattere amministrativo, ma si pone il problema dell’opportunità in questo momento in Italia di estendere l’intervento anche al fronte penale. A mio giudizio, la risposta a questo interrogativo deve essere incondizionatamente affermativa, per molteplici ragioni, che elenco sommariamente.

Noi accusiamo ancora vere e proprie lacune di tutela dovute alla trasformazione criminologica e fenomenologica della corruzione e avvertiamo ancora l’esigenza di adeguarci ad alcune convenzioni internazionali, in quanto l’adeguamento apportato finora è piuttosto marginale e riguarda alcuni aspetti limitati.

La terza ragione è forse la più delicata: si constata un forte indebolimento dell’etica pubblica e il diritto penale è forse lo strumento maggiormente evocato a contrastare tale fenomeno. Certo, la situazione è problematica, perché si può rischiare un uso simbolico, se non addirittura moralizzatore, del diritto penale. Va anche precisato, a fronte di ciò, che esistono valori costituzionali, ossia la dignità e l’onore dell’esercizio delle funzioni, che possono ben legittimare, dal punto di vista prima di tutto costituzionale e poi teorico, scientifico, culturale e pratico, un intervento del diritto penale.

L’ultima ragione, la meno nobile, è che il diritto penale sostanziale può fornire un aiuto all’accertamento processuale e alle difficoltà probatorie, nel senso di strutturare alcuni istituti sostanziali in vista di una maggiore facilità probatoria. È una delle ragioni meno nobili, per la quale soprattutto i penalisti di antica tradizione raccomandano estrema cautela.

I fronti di intervento che si possono immaginare, e che sono tutti percorsi dai progetti di legge, sono quattro: l’introduzione di nuove fattispecie criminose attualmente del tutto inesistenti; la ristrutturazione di quelle attualmente esistenti; l’intervento sanzionatorio sulle misure edittali delle pene; il rafforzamento delle fattispecie «contigue» alla corruzione, ossia di tutti i reati che gravitano intorno alla corruzione.

Procedendo con grande sintesi, a proposito delle nuove fattispecie, esse sono essenzialmente due: il traffico di influenze e la cosiddetta corruzione «per la funzione», cioè non più per l’atto, come è oggi, ma per la generica funzione, altrimenti detta la vendita della funzione generica o, poco meno elegantemente, l’iscrizione al libro paga.

Credo che il traffico di influenze debba essere inserito nel nostro ordinamento. Esso colma una lacuna, obbedisce a una raccomandazione della Convenzione di Merida e risponde a un obbligo impostoci dalla Convenzione di Strasburgo. È previsto, inoltre, da molti progetti: forse in taluni ci sono alcuni aspetti tecnici che andrebbero ritoccati, ma non è il caso di soffermarcisi.

Maggiormente problematica la fattispecie di corruzione per la generica funzione, ossia la vendita della funzione o l’iscrizione al libro paga. A mio parere, si deve esprimere un giudizio favorevole al suo inserimento nel Codice, prima di tutto perché verrebbe a consacrare legislativamente una tendenza già consolidatasi in giurisprudenza, consentendo, quindi, di venire fuori da una situazione ambigua e discutibile.

In secondo luogo, perché corrisponde a una vera e propria realtà criminologica e, dunque, colma un’effettiva lacuna di tutela.

In terzo luogo, perché attenua le difficoltà probatorie che possono incontrare il pubblico ministero e soprattutto il giudice nell’individuazione dello specifico atto d’ufficio.

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