Il movimento dei movimenti

tratto da Liberal del 25 ottobre 2011

di Rocco Buttiglione

Proviamo a capire cosa è successo veramente a Todi il 17 ottobre e quali sono le prospettive di evoluzione del movimento che lì è nato. Lo facciamo da osservatori partecipanti. Partecipanti perché siamo dei cristiani che fanno parte del popolo cristiano che a Todi si è riunito. Siamo dentro la medesima comunione ecclesiale, abbiamo la stessa cultura, le stesse preoccupazioni e le stesse speranze. Osservatori perché facciamo politica e siamo in un certo senso la controparte davanti alla quale (speriamo non contro la quale) il movimento si costituisce.

Molti si sono preoccupati di difendersi da questo movimento nel quale, forse anche al di là delle sue intenzioni, si intuisce e si teme un potenziale destabilizzante del quadro politico attuale. Queste reazioni di difesa sono preoccupate più di stabilire cosa il movimento non è che non quello che è.

 

Si è detto che i movimenti e le associazioni di Todi non vogliono fondare un partito. È vero. È invece sbagliato dire che non fanno politica. La politica non appartiene tutta ai partiti. Esiste anche una politica dei cittadini, intesa come “prudente sollecitudine per il bene comune” (enciclica Laborem Exercens). È su questo terreno che si colloca il movimento di Todi. Esso coglie un disagio della società civile ed una mancanza di connessione e di dialogo fra società civile e società politica. Se non ci fosse questo disagio le associazioni ed i movimenti non avrebbero sentito il bisogno di ritrovarsi insieme. Niente nuovo partito (per il momento almeno) ma non si può nemmeno dire che va tutto bene e che per la politica tutto continua come prima. C’è un segnale chiaro di crisi e di insoddisfazione per il quadro politico esistente e per la situazione attuale della politica. C’è la percezione di una crisi che chiede, per essere superata, una politica diversa da quella che c’è ed una collaborazione fra tutte le forze politiche, privilegiando il bene comune su tutti gli interessi di parte.

Qualcuno ha detto che i movimenti di Todi non chiedono la fine del bipolarismo. È vero, ma questo non vuol dire che il bipolarismo lo sostengano. Semplicemente a me sembra che il problema dei movimenti non sia affatto il bipolarismo, né pro né contro. Chiedono di ristabilire un rapporto corretto fra politica e società. Chiedono che la società possa liberamente scegliere i propri rappresentanti nelle istituzioni. E chiedono un governo che si occupi efficacemente del bene comune del paese. Se questo il bipolarismo è in grado di garantirlo allora viva il bipolarismo. Se no, al diavolo il bipolarismo. Certo questo sistema con questo bipolarismo non risponde alle attese ed alle speranze dei movimenti.

Qualcosa di analogo si può dire per quello che riguarda Berlusconi e il berlusconismo. L’intenzione di Todi non è quella di attaccare Berlusconi ma certo neppure quella di difenderlo. I movimenti, piuttosto, si collocano dopo il berlusconismo. Pongono questioni e cercano risposte che vengono dopo la fine del berlusconismo. Non contro ma dopo. Un dopo, però, che è già cominciato e che è inutile cercare di frenare.

Molto bene un gruppo di dirigenti del PDL in una lettera ad Avvenire dice sostanzialmente: non chiedeteci di condannare Berlusconi (quelli di Todi non glielo chiedono), chiedeteci di andare oltre Berlusconi, di mostrare che non siamo la corte di Berlusconi ma una forza politica fondata su valori e su principi che rimangono anche dopo la fine del berlusconismo. Attendiamo fiduciosi che gli amici del PDL mostrino con i fatti di non essere la corte di Berlusconi.

Molti hanno agitato lo spettro della DC. Voci scandalizzate si sono chieste: “ma non vorranno rifare la DC?”. Io ho l’impressione che ai movimenti di Todi della vecchia DC non gliene importi nulla. Non la vogliono rifare ma non hanno neanche l’ossessione di non rifarla a nessun costo. Andranno per la loro strada e non si lasceranno fermare dalla preoccupazione che il risultato alla fine potrebbe forse per qualche aspetto somigliare alla Democrazia Cristiana.

Vediamo invece in positivo cosa è successo a Todi.

I movimenti si sono trovati per parlare insieme ed hanno verificato di parlare un linguaggio comune, e di avere attese e speranze comuni. Non era scontato. Una volta il cosiddetto mondo cattolico era diviso perché era attraversato da diverse opzioni ideologiche. La fede era debole e l’ideologia era forte. Davanti alle scelte difficili il rischio che la fedeltà all’ideologia o alla opzione politica prevalesse sulla fede era forte. Oggi è vero il contrario: i criteri e le visioni generate dal linguaggio della fede che unisce prevalgono sulle opzioni politiche che dividono. Si sono indebolite le ideologie, e la fede (forse) è diventata più forte. Parlando un linguaggio comune i movimenti hanno iniziato un percorso di ricerca comune. Non è poco. C’è una volontà di dialogo e di presenza comune nella società. C’è la percezione del fatto che questi movimenti e queste associazioni danno un grande contributo alla vita della società ma non contano rigorosamente nulla nel definire le linee politiche che la guidano. C’è poi la convinzione che la società stia andando a fondo e che i movimenti abbiano la forza ed il dovere di dare un contributo essenziale per salvarla. Ma come? Questo è il tema della ricerca.

La ricerca continuerà.

Proviamo ora ad immaginare alcune piste lungo le quali la ricerca può svilupparsi ed alcune tappe possibili dello sviluppo che ci sta davanti.

È necessario individuare alcuni obiettivi di una politica della cittadinanza e di promuovere su di esse una mobilitazione. Le associazioni ed i movimenti di Todi coinvolgono milioni di persone. Bisogna coinvolgerle su obiettivi semplici e chiari che queste persone possano facilmente sentire come proprie. Penso a temi come la famiglia, il lavoro, la scuola, il diritto alla partecipazione politica… può essere una grande manifestazione, possono essere diverse manifestazioni. L’importante è che esse siano preparate su di una adeguata piattaforma di valori e di proposte e che dopo ci sia la capacità di interloquire con le forze politiche sulla base delle proprie proposte.

Il movimento deve essere indipendente da tutte le forze politiche ma non deve essere equidistante. Deve essere capace di registrare convergenze e divergenze e di premiare gli interlocutori con i quali giunge a convergenze, e di opporsi agli interlocutori con i quali si registrino delle divergenze. Solo così il movimento potrà avere un forte e vero impatto politico.

È importante il tema del sistema elettorale. Il movimento di Todi ha una forza potenziale tale da consentirgli di affermarsi con qualunque sistema elettorale. Il sistema elettorale può però avere una funzione decisiva nel determinare il modo in cui la forza del movimento potrà esercitarsi sulla politica italiana. Con il sistema attuale il movimento può registrare solo convergenze e divergenze con i partiti nel loro insieme. Sono infatti i partiti ad essere votati, con liste bloccate. Il movimento può, certo, scegliere un partito ma certo preferirebbe non doverlo fare, preferirebbe mantenere una certa distanza da tutti i partiti. Questo è più facile se c’è un sistema che consente di scegliere (per esempio con le preferenze) la persona e non il partito. In questo caso il movimento potrebbe scegliere uomini che prendono impegno sui temi che gli stanno a cuore anche in diversi partiti o, al limite, in tutti i partiti.

Come reagirà la politica al porsi del “movimento dei movimenti cattolici”?

L’UDC deve porsi immediatamente come interlocutore del movimento. Molti di noi vengono dalla medesima esperienza di fede e tutti noi veniamo dalla stessa visione antropologica che è propria dei movimenti. Dobbiamo dire con chiarezza che consideriamo positivo il loro protagonismo, che voglismo formulare i nostri programmi nel dialogo con loro e che vogliamo rinnovare le classi dirigenti attingendo a uomini loro per le nostre liste elettorali. Non intendiamo strumentalizzarli e non pretendiamo un monopolio della interlocuzione politica. Saremo lieti se anche altri accetteranno il dialogo con i movimenti. Noi comunque ci siamo.

Un problema più complicato si pone per il popolo delle Libertà. Il movimento dei movimenti si colloca, non polemicamente, su di un terreno che viene dopo il berlusconismo. È capace il Popolo delle Libertà di porsi su questo terreno? Roberto Formigoni mostra di comprendere bene la natura del problema quando fa capire che Berlusconi farebbe bene a passare la mano ad un governo di grande coalizione ed il Popolo delle Libertà dovrebbe offrire all’UDC di fondare insieme un partito nuovo, il partito del partito Popolare Europeo in Italia. Ma è disponibile il PDL ad incamminarsi su questo percorso? O si ostinerà nel tentativo testardo di prolungare artificialmente, con costi altissimi per il paese, una stagione politica che è ormai definitivamente finita? Nessuno lo sa.

Il porsi del nuovo soggetto sociale e culturale cattolico interpella anche la sinistra. I primi commenti a Todi da parte della sinistra sono stati positivi. La critica a Berlusconi e la richiesta di una fase politica nuova dopo il berlusconismo ha fatto premio su tutto. La sinistra può prendere atto con soddisfazione anche di un altro elemento. I cattolici a Todi non hanno rivendicato semplicemente la difesa dei loro valori non negoziabili ma hanno rivendicato più in generale il diritto di dare un contributo decisivo per il bene comune, per la giustizia sociale e per tirare il paese fuori dalla crisi. La sinistra tuttavia non può eludere una questione decisiva. I cattolici di Todi affermano prima che una politica una antropologia, una visione sull’uomo. Da quella antropologia discende in modo indissolubile sia la difesa del povero che la difesa della vita. La difesa della vita non può essere autentica se non è unita alla difesa del povero, e viceversa. Chi è più povero di un bambino non nato? Il manifesto dei Quattro Intellettuali della Sinistra ha invitato bersani a rinunciare ad una presunzione di superiorità intellettuale per la quale i temi posti dalla cultura della vita non meritano neppure di essere presi in considerazione. Se la sinistra ne sarà capace anche con loro si potrà aprire un dialogo fecondo. Non è indispensabile che la sinistra adotti le nostre posizioni in bioetica. Sarebbe sufficiente che desse libertà di pensiero su questi temi al proprio interno.

Nessuno può dire quanto lontano arriverà questa iniziativa di Todi. In un panorama politico e culturale desertificato essa può essere un ponte verso un necessario Risorgimento. Ad essa noi guardiamo con fiducia e con speranza.


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