Tratto da Liberal – 23 novembre 2011
di Paola Binetti
Non si è ancora spenta l’eco del confronto tra le varie associazioni cattoliche iniziato a Todi poco più di un mese fa; anzi c’è la netta sensazione che con il passare del tempo si vada facendo più acuto il bisogno di comprendere in che cosa consistesse la Buona politica al centro di un dibattito caratterizzato dalla assenza di politici. Di questo si è parlato ieri nel corso del seminario che si è svolto a palazzo Marini tra coloro che erano stati a Todi e quelli che invece a Todi non c’erano. Nella sintesi finale a cui hanno contribuito politici e non politici il messaggio chiaro ed urgente è stato che occorre rigenerare il senso della politica.
La nuova cultura politica di cui c’è bisogno deve perdere le asprezze ideologiche che l’hanno appesantita in questi ultimi anni e deve recuperare una visione dell’umano più completa ed equilibrata: inclusiva, aperta e dialogante. La cultura economico-liberale, di cui il nuovo governo sembra essere fautore, è la premessa per valorizzare creatività e spirito d’iniziativa a livello personale e istituzionale, evitando gli eccessi di un capitalismo egocentrico e discriminante. L’attenzione al sociale e la lotta alle discriminazioni di qualsiasi tipo siano devono recuperare in fretta il senso di una rinnovata solidarietà, evitando quell’approccio asettico e spersonalizzante, che ha segnato il recente fallimento dell’ultimo governo. Se si potesse guardare cosa c’è al fondo della attuale crisi politica, vedremmo chiaramente che più ci si allontana da una equilibrata sintesi di valori, tanto più l’uomo perde il senso della sua libertà e pregiudica la sua dignità. All’ideale cristiano dell’uomo che rivendica il suo diritto alla libertà ed esige rispetto per la sua autonomia, la politica ha dato risposte drammaticamente contraddittorie, che non hanno tenuto conto di quanto fosse profondo il bisogno dell’uomo di partecipare insieme agli altri per realizzare ciò che viene definito bene comune. Il tema del bene comune ha caratterizzato molti degli interventi di coloro che a Todi si sono spesi per chiedere un rinnovamento coraggioso della vita socio- culturale del Paese, e quindi della sua prospettiva politico-economica. Il bene comune, hanno ripetuto con fermezza e con convinzione anche oggi, o lo si cerca insieme e lo si realizza insieme, oppure smette di essere comune. E il bene perseguito da una sola parte politica, con un’unica prospettiva, per sua stessa definizione non può essere bene comune. La storia ha dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che non c’è bene generale se non c’è contestualmente attenzione al bene individuale, perché quando si umilia e si fa violenza anche ad un solo uomo, in lui si ferisce e si umilia l’intera umanità. L’ideologia della politica non può sacrificare la concretezza delle persone alla astrazione delle idee Todi è stato anche un grande richiamo allo spirito di servizio di una politica che rinuncia alla sua sterile autoreferenzialità, per tornare ad occuparsi della concretezza dei bisogni delle persone. Per questo il cardinal Bagnasco ha insistito proprio a Todi perché si tornasse a declinare insieme la questione antropologica e quella sociale, senza separare il valore della vita e della famiglia dal valore della solidarietà e dell’impegno sociale. Abbiamo perso di vista in questi ultimi anni la necessità di un luogo di riequilibrio tra tutti i valori in gioco nell’agire politico e sperimentiamo la mancanza di un punto di sintesi tra tipologie di valori che qualcuno si ostina a porre in contrapposizione. Enfatizzando gli uni a scapito degli altri si finisce col trasformare gli uni e gli altri in disvalori, e quando si perde di vista il loro carattere fondativo e irrinunciabile, è facile scadere nella strumentalizzazione politica. Qualcuno parla di bipolarismo immaturo, ma la domanda che i cittadini si pongono è diversa: se il bipolarismo italiano in questi ultimi anni non è maturato sufficientemente, non è forse giunto il momento di cercare un altro modello? Todi ha offerto molti spunti per riflettere in tal senso: serve una soluzione diversa che contrasti sia l’accanimento di chi vuole tenere in vita a tutti i costi questo modello politico ingessandolo rigidamente nella sua struttura, sia la tentazione di chi vuole procedere ad una sorta di eutanasia politica, per staccare la spina ad un sistema considerato insoddisfacente, congedando tutti coloro che ne hanno fatto parte. Abbiamo sempre sostenuto che eutanasia e accanimento terapeutico non sono soluzioni efficaci, neppure in politica. Può e deve esserci una soluzione diversa, che recuperi il valore del dialogo e della collaborazione nel nostro sistema politico. Forse è giunto il momento di passare da una competizione aggressiva ad una cooperazione costruttiva, in cui quanto di buono si propone trova un nuovo spazio e un nuovo senso. Dovrebbe emergere un modo nuovo di far politica, che archivi definitivamente la violenza, anche quella verbale, per recuperare la cultura di un ascolto critico capace di esprimere una fedeltà creativa alla volontà popolare. Il terzo polo non può essere considerato come una minaccia per i due principali schieramenti di maggioranza e di opposizione, ma una grande opportunità di confronto e di collaborazione. Fare politica di centro non vuol dire fare una politica del né… né, né di destra né di sinistra, una politica povera di slanci e di ideali, perché chiusa in un’aurea mediocritas.Tanto meno vuol dire fare una politica che annoi e respinga i giovani perché non vi trovano quella spinta al cambiamento che li fa sentire protagonisti di un tempo nuovo. Il nuovo polo, nel suo stile moderato e propositivo, dice no alla violenza, ma non alla forza e alla determinazione con cui si difendono principi e valori.
E la presenza al convegno di ieri di tanti giovani universitari e di tanti giovani professionisti mostra che la nuova proposta politica fa presa su di loro, spalanca nuove possibilità di mettersi in gioco, mostrando che si può mantenere la fedeltà ai valori fondamentali, senza apparire antiquati, purché li si sappia coniugare in modo creativo. Anzi la sfida oggi è proprio in questa fedeltà creativa, che non si appiattisce su di un pensiero conformista incapace di riconoscere che il cambiamento non può prescindere dal rispetto per il fondamento dei valori, delle idee, delle cose. Eppure i nemici del Centro hanno buon gioco a ridurne la forza d’impatto sull’opinione pubblica, sollecitando un’azione di mediazione e di compromesso, una volta a destra e un’altra a sinistra, che impedisce il formarsi di una sana e schietta identità in chi ha ben chiaro in quale direzione vuole andare. Quella marcata dai suoi principi e dalla sua tradizione, ma assolutamente determinata ad andare avanti con coraggio e determinazione. Ferdinando Adornato ha sintetizzato in alcuni punti fondamentali lo spazio del dialogo necessario tra laici e cattolici: il forte senso delle Istituzioni, il profondo rispetto della legge naturale, l’amore alla libertà. Sono carattere identitari molto più profondi di quanto non appaia e sui quali si può aprire un nuovo tavolo di confronto che consenta di dar vita a proposte capaci di riformare in modo strutturale il nostro Paese, senza destrutturarne la natura e la cultura. Dal dialogo di oggi appare evidente come il Centro abbia già cominciato a dare frutti di consenso e di apprezzamento da parte del mondo cattolico, al di là di quanto qualcuno avrebbe sospettato fino a poche settimane fa. Non a caso è proprio dal terzo polo che stanno partendo nuove iniziative che cercano di riproporre in modo diverso l’unità dei cattolici intorno ad un grande progetto politico, in cui ognuno possa riconoscere le proprie radici. È così che si possono aprire nuove prospettive di crescita e di sviluppo, di pace e di libertà per tutti. Il nuovo polo mostra già un forte respiro popolare, decisamente interclassista, attraversato da una pluralità di sensibilità, aperto a collaborazioni con forze politiche lai- loche, ma non per questo laiciste. Anche oggi Donato Mosella, Giuseppe Valditara, Luisa Santolini e Marco Calgaro hanno messo in evidenza come sia possibile governare le differenze e perfino i contrasti che possono apparire facendo riferimento alla dottrina sociale della Chiesa e ad una comune visione di un bene pubblico che, andando oltre gli interessi particolari, garantisca gli interessi di tutti.Tutto il Paese è un cantiere aperto, un laboratorio di idee, e speriamo che il nuovo governo riesca a creare il benessere necessario per trasformare l’Italia: quelli che a Todi c’erano e anche quelli che invece non c’erano si sono impegnati in questa nuova forma di collaborazione. Si è detto tante volte in questi giorni che la crisi economica dell’Italia è anche e soprattutto una crisi di fiducia, ma una politica oggettivamente orientata alla ricerca del bene comune, ha il dovere di cercare una soluzione a questo problema, questo deve essere il suo principale valore e criterio di riferimento.
Annamaria Furlan, Franco Pasquali, Natale Forlani hanno insistito molto sul tema della distribuzione della ricchezza, come una sfida continuamente posta ai politici. Nella fedeltà creati llo spirito evangelico è possibile ri-scoprire un elemento di grande attualità politica per lo spirito cristiano, la necessità di sottrarsi alle logiche delle lobby di potere che più e meglio sanno piegare la politica ai loro interessi. Al laico cattolico impegnato in politica si chiede di muoversi con la libertà e la responsabilità necessarie per vivere la fedeltà a valori di giustizia e di solidarietà che ci trascendono e che sono uguali per tutti gli uomini. È quel principio di profonda umanità che fa sentire i vincoli di fraternità e solidarietà nei confronti di tutti gli uomini, a qualunque paese, razza o etnia appartengano. La lotta contro la corruzione esige una ricerca della verità negli stili della vita politica di tutti i partiti, che si traducono in un’esigente fedeltà ai principi della legalità, assunti come il quadro normativo in cui la passione per la giustizia si esprime nel modo più semplice e più rigoroso. Agostino Giovagnoli ha voluto inisistere sul fatto che da Todi è nata una proposta di Buona politica rivolta a tutti i politici, positivamente presenti a Todi proprio per la tensione etica che deve caratterizzare il loro impegno. Non c’è nostalgia della Democrazia cristiana, perché la Dc ha avuto le sue luci e le sue ombre e oggi occorre andare oltre quelle ombre per recuperare quelle luci che si erano già smarrite nell’ultima fase della sua esistenza. Lo ha detto Giuseppe Valditara e lo ha ripreso Marco Calgaro. Oggi servono grandi teorie economiche e nemmeno filosofie politiche particolarmente elaborate: il buon senso, illuminato da una visione più nobile e meno egocentrica del mondo, spinge a superare i modelli sociali corrotti che creano povertà e malattie, ignoranza e violenza. Non c’è dubbio sul fatto che la crisi attuale sia prima di tutto una crisi di natura etica: non a caso qualcuno ha parlato di disastro etico. E i parlamentari cattolici non possono farsi sconti in fatto di etica pubblica, perché i loro cedimenti creano scandalo nella pubblica opinione, gettano un discredito contestuale sulla politica e sulla visione cristiana. Ma è lo stesso Benedetto XVI a metterci in guardia dall’abuso di questo termine e dalla strumentalizzazione che taluni ne fanno, ritenendo di potersi vantare di una presunta superiorità morale. «Bisogna, poi, non ricorrere alla parola “etica” in modo ideologicamente discriminatorio, lasciando intendere che non sarebbero etiche le iniziative che non si fregiassero formalmente di questa qualifica. Occorre adoperarsi – l’osservazione è qui essenziale! – non solamente perché nascano settori o segmenti “etici” dell’economia o della finanza, ma perché l’intera economia e l’intera finanza siano etiche e lo siano non per un’etichettatura dall’esterno, ma per il rispetto di esigenze intrinseche alla loche, ro stessa natura. Parla con chiarezza, a questo riguardo, la dottrina sociale della Chiesa, che ricorda come l’economia, con tutte le sue branche, è un settore dell’attività umana».
In questo passaggio della Caritas in veritate emerge con chiarezza come l’etica non possa diventare “un’etichetta”, buona per classificare situazioni e persone, ma debba connotare intrinsecamente tutte le attività umane. Non è solo un tema da affrontare sul piano politico o culturale, ma è piuttosto un modo di essere delle attività umane, che o sono eticamente coerenti o non si possono più neppure giudicare come pienamente umane. C’è molta insicurezza in giro, e non solo a livello politico-economico, perché c’è l’incapacità di interpretare i fenomeni che stiamo vivendo. Ma c’è anche molta speranza, c’è un ottimismo che incomincia ad intravedersi, anche in assenza dei riscontri economici che pure tutti, ingenuamente, ci saremmo aspettati. Gli spread e la borsa non sembrano confermare questi timidi segnali di ottimismo. Ma ci sono. E Mimmo delle Foglie nella sua conclusione finale ha ben evidenziato come serva una apertura al cambiamento, che ci consenta di gestire un quadro nuovo di soluzioni possibili. Un compito non facile, dobbiamo riconoscere coraggiosamente i nostri limiti e superare la falsa attrattiva di soluzioni facili che in realtà potrebbero destabilizzare ulteriormente il nostro sistema sociale. Nessuno possiede oggi soluzioni sicure e solo con una profonda umiltà, umana prima ancora che politica, possiamo costruire una nuova competenza anche in politica che abbia una triplice radice: una matrice emotiva, necessaria per sentire il disagio degli altri come se fosse nostro, una matrice pratica, che ci dia il coraggio di affrontare i problemi senza rimandarli in modo pusillanime, e una matrice etica, per convincerci che il ritorno alle virtù, anche a quelle più semplici, è l’inizio di una strada sicura da percorrere insieme. Pierferdinando Casini e Francesco Rutelli hanno mostrato fino a che punto la buona politica può fare la differenza se si riesce ad essere dialoganti senza cedimenti, animati da uno spirito riformatore senza sterili polemiche, disposti a realizzare un grande progetto politico superando le divisioni. Nella grande stagione che Todi ha lanciato i cattolici sono destinati ad essere tutt’altro che irrilevanti se sapranno essere coerenti e disponibili all’ascolto e al dialogo, alla collaborazione efficace con tutti coloro che vogliono mettersi al servizio del Paese, con il nuovo Governo di Mario Monti e con tutte le altre forze politiche, con il mondo delle associazioni e con tutte le persone di buona volontà. In questa chiave, ha concluso Cristina De Luca, Todi può fare la differenza di stile e di progetto. A noi tocca mostrare di essere all’altezza della situazione.