Attività del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite

UNHRC 

Il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha esaminato il rapporto della Commissione d’Inchiesta sulla Siria, così come stabilito dalla risoluzione 19/22 del 23 marzo 2012, nella quale il Consiglio aveva esteso il mandato alla Commissione d’Inchiesta sulla Siria formata in base alla risoluzione S-17/1 del 22 agosto 2011. La Commissione, impossibilitata ad accedere al paese, ha dovuto limitarsi ad intervistare i fuoriusciti.

Il rapporto ha evidenziato un significativo peggioramento della situazione dei diritti umani in Siria e ha riconosciuto il governo siriano e gli Shabbiha responsabili di crimini contro l’umanità per omicidio e tortura, crimini di guerra e pesanti violazioni dei diritti umani.

La Commissione ha inoltre accusato i gruppi armati antigovernativi di aver commesso crimini di guerra quali omicidi, esecuzioni extragiudiziarie e torture, sebbene queste violazioni non abbiano raggiunto la gravità, la frequenza e la scala di quelle commesse dalle forze governative e dagli Shabbiha. Entrambi i gruppi hanno violato i diritti dei bambini.

La crisi ha provocato un rapido deterioramento della situazione socio-economica del Paese. Le sanzioni hanno pesantemente colpito la Siria. Intere comunità soffrono per la mancanza di cibo, carburante, acqua, elettricità e cure mediche, in particolare nelle aree di Homs, Idlib, Dar’a e Hama.

L’escalation militare ha provocato migliaia di profughi (l’UNHCR stima circa 1,5 milioni di internally displaced people). 114.208 siriani hanno ottenuto lo status di rifugiati nei paesi vicini (Turchia, Giordania, Libano e in misura minore Iraq). Degli oltre 100.000 profughi iracheni presenti in Siria, circa 13.000 hanno lasciato il paese nella prima metà del 2012.

Il numero delle vittime resta imprecisato. La Commissione non è stata in grado di confermare né i dati forniti dal governo (7.928 vittime al 9 luglio) né i dati forniti dalle opposizioni (tra i 17.000 e i 22.000).

La Commissione ha svolto un’inchiesta speciale sulle violazioni dei diritti umani nella regione di Al-Houla. La Commissione ha potuto accertare la morte di molti civili durante le operazioni contro i gruppi armati antigovernativi e l’esecuzione di feriti, prigionieri e in alcuni casi delle famiglie dei combattenti e di civili scelti arbitrariamente.

La Commissione ha accertato il verificarsi di arresti e detenzioni arbitrarie, sia in carceri che in luoghi “non convenzionali”, alcuni casi di persone scomparse, torture e violenze sessuali contro donne, uomini e bambini. In particolare il rapporto denuncia le violazioni dei diritti dei bambini, l’uccisione dal 15 febbraio 2012 di 125 ragazzi (principalmente maschi) e l’arruolamento di minorenni da parte delle forze armate antigovernative.

La Commissione infine ha invitato la comunità internazionale, con particolare riferimento al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ad esercitare la propria influenza per mettere fine al conflitto e dar vita ad un processo di transizione; il governo siriano ad investigare sulle violazioni del diritto internazionale per assicurarne i responsabili alla giustizia, a rilasciare immediatamente le persone arbitrariamente detenute e a garantire l’accesso alle aree più colpite per portare assistenza umanitaria alla popolazione; i gruppi armati antigovernativi ad adottare regole di condotta che siano conformi al diritto internazionale, a perseguirne gli abusi e a fornire informazioni riguardo alla sorte dei propri prigionieri; il Consiglio dei Diritti Umani a trasmettere il rapporto al Segretariato Internazionale per sottoporlo all’attenzione del Consiglio di Sicurezza.

Il 24 settembre il Consiglio dei Diritti Umani ha adottato la risoluzione 21/32 sulla situazione dei diritti umani in Siria. La risoluzione ha accolto le conclusioni del rapporto della commissione d’inchiesta e ha deciso di estenderne il mandato.

Il 21 settembre è stato presentato e discusso il rapporto del Segretario Generale sui progressi dell’implementazione delle raccomandazioni della missione d’inchiesta sul conflitto di Gaza. La vice Alto Commissario ai diritti umani, Kyung-wha Kang, ha richiesto un impegno più serio nel perseguire i responsabili delle gravi violazioni dei diritti umani e ha ricordato che, nonostante le raccomandazioni approvate negli ultimi tre anni dal Consiglio, nessuno sia stato ancora incriminato per alcuno degli incidenti segnalati.

In occasione della XXI Sessione è stato presentato il rapporto del Segretario Generale sulla questione della pena di morte. Il Consiglio dei Diritti Umani, nella sua decisione 18/117 del 28 settembre 2011, ha stabilito che il Segretario Generale presenti ogni anno un supplemento al rapporto quinquennale sulla pena di morte.

Rispetto al passato, il numero dei paesi abolizionisti è nettamente cresciuto: 150 dei 193 Stati membri dell’ONU hanno abolito la pena di morte e nel 2011, 175 Stati non hanno eseguito alcuna condanna capitale.
Il rapporto ha analizzato l’applicazione da parte dei paesi che mantengono la pena di morte di alcuni principi contenuti nella Convenzione sui diritti civili e politici del 1966, quali la restrizione della pena di morte ai “crimini più gravi” (con particolare riferimento all’uso della pena di morte per combattere il traffico di droga), le garanzie ad un giusto processo, l’accesso ai servizi consolari per gli imputati stranieri, la grazia e la commutazione della pena, i metodi delle esecuzioni, l’uso della pena di morte contro minorenni, persone con deficit mentali e altri gruppi vulnerabili (minoranze etniche e religiose, gay).

Il Consiglio inoltre ha preso in considerazione le risoluzioni 21/30, 21/4 e 21/31 relative all’assistenza tecnica riguardo alla protezione dei diritti umani in Yemen, Sudan e Somalia, la risoluzione 21/9 sulla situazione dei diritti umani in Mali.

Il Consiglio ha approvato la risoluzione 21/10 sulla prevenzione della mortalità e della morbilità materna. La risoluzione ha esortato gli Stati a incrementare i propri sforzi per la realizzazione dei propri impegni internazionali sulla questione. Inoltre ha incoraggiato gli Stati e le organizzazioni non governative a prendere in considerazione le cause della mortalità e della morbilità materna, quali la povertà, la malnutrizione, la mancanza di assistenza sanitaria, informazioni e istruzione, la disuguaglianza di genere e la violenza contro le donne.
Il Consiglio ha approvato la risoluzione 21/6 sulla sicurezza dei giornalisti. La risoluzione ha sottolineato la funzione fondamentale di tutte le forme dei media per l’esercizio delle libertà di opinione e di informazione. La risoluzione ha condannato fortemente ogni attacco e violenza contro i giornalisti, ponendo l’accento in modo particolare sulla minaccia rappresentata da attori non statali quali le organizzazioni terroriste e criminali. La risoluzione infine ha incoraggiato gli Stati a indagare sulle violenze contro i giornalisti e ad adottare riforme legislative che consentano il libero svolgimento della loro professione.

Si segnalano inoltre la risoluzione 21/1 sul diritto all’acqua potabile, la risoluzione 21/17 e la risoluzione 21/27 relative all’uso dei mercenari e di compagnie di sicurezza private, la risoluzione 21/13 sulla corruzione, la risoluzione 21/21 sui diritti dei popoli indigeni e la risoluzione 21/26 sull’inquinamento.

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