L’incerto destino del centrodestra
Il centrodestra assomiglia sempre di più alla zattera della Medusa di Gericault. Alla deriva. I naufraghi s’ammazzano l’un con l’altro. Gli elettori, e sono ancora tanti, guardano sgomenti, e non meritano un tale spettacolo. Alle elezioni mancano al massimo quattro mesi. Berlusconi sembra deciso a sfidare il vincitore delle primarie del Pd. Il Cavaliere fu abilissimo nel ’94 a riempire il vuoto della politica dopo Mani Pulite. Oggi quel vuoto lo crea lui con le sue goffaggini e le sue indecisioni. Fu straordinario nell’usare, e controllare, i mezzi di comunicazione. Oggi ne è vittima, anche di chi lo sostiene. Eccezionale nel trasformare le contese elettorali in plebisciti su se stesso. Oggi il plebiscito lo vedrebbe perdente. E Bersani giustamente gongola all’idea di averlo come avversario. A ciò si aggiunge che quel che resta del Pdl fa di fatto, con i propri litigi, campagna elettorale per gli avversari. Incredibile.
Il destino del centrodestra riguarda tutti. Anche quelli che non lo votano. Una domanda di rappresentanza politica, fino a ieri maggioritaria, rischia di non incontrare alle prossime politiche un’offerta adeguata e sufficiente. Chi ha a cuore la solidità di una democrazia non può essere indifferente di fronte al disagio di una parte di elettorato tentata dall’astensione o dal voto di protesta. Anche a sinistra i più avveduti temono un bipolarismo Bersani- Grillo. I moderati di quello schieramento, cattolici per primi, guardano con preoccupazione allo sfaldamento del polo avversario e al suo arroccamento in difesa di Berlusconi, perché ciò finirebbe per spostare ulteriormente verso Vendola e la Cgil il baricentro di un futuro e assai probabile governo a guida Pd.
Berlusconi sembra deciso a non consentire una riforma della legge elettorale per portare in Parlamento fedelissimi, amazzoni e pretoriani. La saggezza dovrebbe indurlo a fare un passo indietro. A garantire un’evoluzione dell’intero movimento— che a lui si richiama e continuerà a richiamarsi— verso il Partito popolare europeo, lasciando perdere tentazioni lepeniste e antieuropee. Monti in Europa, sarà bene ricordarlo, ci andò grazie a lui. Solo così quella che appare, in base ai sondaggi, la prossima opposizione potrà candidarsi autorevolmente a essere alternativa di governo.
Ma qui si affaccia nel centrodestra il discorso più delicato. Se c’è, come crediamo, un gruppo dirigente liberale e democratico all’altezza del compito, ma soprattutto responsabile, deve avere la forza di separare il proprio destino politico dalla deriva solitaria e resistenziale del proprio capo. Appoggiando subito la riforma della legge elettorale. E mostrando coraggio nel non candidare chi è stato condannato in modo definitivo. Un gesto dettato forse più dalla disperazione che dal coraggio, ma assolutamente necessario e non più rinviabile.
Un taglio netto riapre i giochi nell’arco politico che si oppone a Bersani e ai suoi alleati. Riduce la forza di attrazione che la sinistra esercita nei confronti del centro moderato. Rende possibili future collaborazioni su alcuni aspetti dell’agenda Monti e nell’indicazione di candidati, non solo alla premiership, nuovi e più credibili. L’incerta democrazia italiana dell’alternanza ne avrebbe un sicuro beneficio. Così la zattera della Medusa troverebbe finalmente un approdo. E il ventennio berlusconiano passerebbe al vaglio degli storici. Con un’uscita di scena più dignitosa, il giudizio non potrà che essere più articolato e imparziale.
Ferruccio De Bortoli, Corriere della Sera