Intervento del Ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca all’incontro dell’Intergruppo parlamentare per le Politiche Urbane in seguito all’approvazione della norma che istituisce il Comitato interministeriale per le politiche urbane
«Prendo la parola molto brevemente dopo il Presidente per ringraziare a mia volta i membri dell’Intergruppo per una iniziativa politica tanto più meritoria in quanto condotta con uno spirito sinceramente e costruttivamente bipartisan, che ha condotto ad una soluzione istituzionale utile al Paese, magari non tanto nell’immediato ma certamente in un più lungo periodo.
Certamente quella che io e le strutture che mi supportano stiamo vivendo è una fase di intenso lavoro: una ulteriore riprogrammazione dei Fondi europei, che vedrà la luce presumibilmente nell’arco dei prossimi 30 giorni e che varrà attorno ai 3 miliardi di euro; un impegno costante di presenza sui territori per verificare e sollecitare le realizzazioni poste in cantiere con le prime due riprogrammazioni degli scorsi mesi; un difficile negoziato a Bruxelles sulle partite finanziare del bilancio dell’Unione come sulle regole della programmazione 2014/2020; una sfibrante opera di supporto alla ricostruzione della città de L’Aquila.
Con pochi mesi di governo dinanzi, come si vede, davvero non c’era motivo di cercare un altro fronte di impegno. Eppure, quando il Presidente ha chiesto la mia disponibilità ad assumere la delega a presiedere il Comitato Interministeriale per le Politiche Urbane istinto e ragione mi hanno portato ad accettare. L’istinto perché il tema della qualità delle politiche urbane mi ha affascinato da sempre come studioso delle questioni dello sviluppo locale e come lettore di opere economiche, politologiche e sociologiche. La ragione perché quella delle città è la scommessa centrale, la più decisiva e sfidante, al cuore di qualsiasi impegno per la crescita dei territori.
Le politiche di coesione non possono prescindere da una visione e da una progettualità per le città. E la coerenza e sinergia delle politiche ordinarie per le città, che proprio il Comitato può con la sua opera assicurare, rappresentano l’unica possibile precondizione abilitante per efficaci interventi di coesione in questo campo. Dunque, l’assunzione di questa ulteriore responsabilità è un passaggio di completamento naturale del mio impegno di governo, che pure volge ormai al termine.
Nel manifestare francamente le ragioni del mio impegno occorre però dichiarare con altrettanta franchezza i limiti e i possibili obiettivi che è corretto darsi per un impegno così breve.
Non credo che sia ragionevole attendersi che entro questa legislatura il Paese possa darsi una compiuta agenda delle politiche urbane. Troppo poco il tempo dinanzi a noi, troppo lungo quello trascorso senza un presidio unitario delle politiche, troppo particolari le condizioni di equilibrio politico, perfino troppo debole, al di là di ristrette cerchie specialistiche, il dibattito pubblico sul tema per darsi un obiettivo così ambizioso in così pochi mesi.
Pure in queste condizioni alcune cose utili possono essere fatte, e occorre darsi l’obiettivo di farle.
Innanzitutto, come è stato detto, assicurare sinergia e coerenza ai non pochi interventi che sono già sul tappeto. Il Presidente li ha brevemente ripercorsi e non credo sia utile ripeterli. La sede del Comitato può essere quella nella quale si sviluppano le opportune sinergie perché ciascuno di essi dia il massimo risultato possibile. In questo senso, non posso che concordare con il Presidente sulla importanza primaria del Piano città e dichiarare il mio sostegno e la mia sintonia con il programma del Vice Ministro Ciaccia, che lo sta conducendo con grande decisione e visione.
In secondo luogo, organizzare al meglio la segreteria tecnica, darle un metodo, costruire attorno ad essa le necessarie sinergie perché diventi il centro di flussi costanti di informazioni e di conoscenze, diffusi nel tessuto amministrativo a tutti i livelli. Dotarla delle giuste professionalità perché non sia solo un luogo di supporto burocratico ma perché diventi un vero centro di elaborazione e impulso per le decisioni del Comitato, di istruttoria approfondita e informata dei dossier, con compiti non solo di istruttoria e raccolta delle deliberazioni collegiali assunte, ma anche con una funzione attiva di indagine, raccolta di documentazione, rilevazione di tendenze e modelli anche sovranazionali, individuazione di best practices nazionali. Questo nella consapevolezza che senza un organismo amministrativo di impulso e di coordinamento l’attività del Comitato risulterebbe fatalmente frammentaria e disorganica nel medio periodo.
In terzo luogo, in ragione della natura partecipata dalle Regioni e dagli Enti locali del Comitato, instaurare un metodo di lavoro che riproponga quella leale collaborazione, quella proficua sinergia che nelle politiche di coesione abbiamo sperimentato in questi mesi attraverso il Piano d’Azione Coesione; portare anche al tavolo del Comitato quella fiducia e quell’affidamento reciproco che sta segando la cooperazione tra i livelli di governo nel Piano.
Infine, ed è l’obiettivo più rilevante quanto ai contenuti, utilizzare le conoscenze e le competenze che siederanno al tavolo per programmare nella maniera migliore un utilizzo proficuo delle risorse della programmazione europea 2014/2020 per le città.
Non si tratta di un compito banale: nelle due ultime stagioni di programmazione dei Fondi europei la priorità per interventi in progetti urbani era chiaramente delineata dalla strategia nazionale, e nonostante ciò la risposta dei territori e delle città, potenziali beneficiari finali, è stata labilissima.
Lo stato dell’arte sulla programmazione urbana sostenuta dai PO FESR nel 2007-13 mostra evidenti problemi. Vi è un forte ritardo attuativo e basso avanzamento finanziario, sia nel Mezzogiorno che nel Centro-Nord, che può essere spiegato con ragioni di sistema e non può essere addebitato a un solo livello di governo nella complessa articolazione di multilevel governance degli interventi. Abbiamo poi verificato un progressivo venir meno dell’approccio integrato per i progetti nelle città, cui sono conseguite operazioni di stralcio di singole opere, scorrimento di graduatorie preesistenti o forme di negoziato settoriale. Infine, va notata l’assenza pressoché totale nei “progetti città” di interventi per le imprese e altre azioni immateriali. L’impostazione comunitaria e le conseguenti scelte regionali hanno determinato l’inammissibilità sugli assi POR di riferimento di forme di aiuto localizzato alle imprese e dello start-up di nuovi servizi pubblici, azioni spesso fondamentali per garantire la piena fruibilità e l’esercizio effettivo delle nuove infrastrutture.
A fronte di queste debolezze, la sfida del 2014/2020 ci offre ancora più solido un contesto di riferimento favorevole ad un salto di qualità per la progettualità urbana nelle politiche di coesione.
I Regolamenti per il 2014/2020 attribuiscono grande rilevanza ai progetti per le città, definendo anche una riserva di finanziaria del 5% del FESR. Le disposizioni e gli indirizzi europei sono una leva importante per rendere la prossima programmazione per le città più incisiva sotto il profilo strategico e più efficiente sotto quello operativo. In altre parole, l’enfasi europea, nonché la nuova natura dispositiva dell’Accordo di Partenariato, sono una base importante per un ruolo più attivo del centro nel guidare e, eventualmente, co-gestire la programmazione per le maggiori realtà urbane.
In particolare, l’Accordo di Partenariato potrebbe definire:
– Lista di città beneficiarie di progetti integrati o, in alternativa, un set di criteri chiari e misurabili per individuarle.
– Eventuali aree-target sub-comunali e relativi criteri (es. aree di disagio individuate su base di specifici criteri e su dati Censimento 2011).
– Settori di intervento prioritari (vedi infra).
– Procedure e scadenze per la definizione dei piani di investimento (il sistema migliore nella programmazione 2014-2020 è stato quello misto competitivo-negoziale adottato dalla Toscana).
– Indirizzi finanziari, articolando e qualificando la riserva città del 5% FESR anche assumendo decisioni su eventuali schemi multi-fondo per i progetti città (in particolare, sul FSE).
– Eventuali scadenze e sistemi premiali perché i progetti vadano più rapidi e siano più efficaci.
Le disposizioni dell’Accordo di Partenariato dovrebbero anche decidere quali programmi nazionali o regionali adottare e articolare in base a obiettivi e macroaree. Un nuovo scenario, nel quale l’esistenza di una forte sinergia governativa assicurata dal Comitato potrà esplicarsi al meglio, dando l’occasione al Paese di recuperare il tempo perduto con una lunga disattenzione alla questione urbana. Darsi obiettivi ambiziosi e modalità di utilizzo dei Fondi affidabili è una priorità che l’Italia non può disattendere.
Null’altro? Se si vuole essere realisti questo è un programma adeguato al numero di giorni che abbiamo dinanzi. Altro può certamente venire, ma deve essere il Parlamento a produrlo, grazie all’opera dell’Intergruppo, per il quale, immagino, la creazione del Comitato è solo il primo di una lunga serie di contributi.
Come delegato del Presidente assicuro sin d’ora ogni possibile aiuto e sinergia con le iniziative parlamentari, e la disponibilità della Segreteria tecnica a contribuire alle necessarie istruttorie.
Nella letteratura recente sulle città è stata recuperata la vecchia metafora di Fernand Braudel della rincorsa tra la “tartaruga” (lo Stato nazionale) alla “lepre” (la città), per sottolineare come quest’ultima abbia funzionalmente ripreso la testa nella metaforica gara per trainare le società verso obiettivi di sviluppo. In Italia questo non è ancora abbastanza vero. Operiamo tutti insieme, Governo e Parlamento, Comitato e Intergruppo, perché anche le nostre città ritrovino lo slancio di cui il Paese ha bisogno».
Fabrizio Barca, Ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca