Tratto da IL SOLE 24 ORE di Venerdì 18 novembre 2011
Declassati a prassi non vincolanti per la determinazione dei compensi
Il compenso del professionista torna libero da tariffe, soprattutto nelle soglie minime. Eliminate nel 2006 dalla legge Bersani (legge 248), le tariffe erano riemerse nella manovra di Ferragosto (legge 148/2011) come dati di “riferimento”: erano, cioè, derogabili ma, in mancanza di deroga scritta, andavano applicate dal giudice in caso di contestazione. Ora l’articolo 10, comma 12, della legge di stabilità impone agli Ordini di accantonare, entro agosto 2012, non solo l’obbligatorietà (già venuta meno con la legge Bersani), ma la stessa utilizzabilità delle tariffe come parametri per la determinazione dei compensi. Le tariffe rimangono, ma declassate a usi, cioè a prassi non vincolanti.
Il nuovo regime
In pratica:
1) le parti possono stabilire l’entità del compenso con meccanismi quali la quota lite, success fee (premio di risultato) o anche offerte lancio, promozioni, marketing professionale;
2) gli Ordini non possono desumere da tariffe ridotte elementi di responsabilità deontologica per concorrenza sleale tra colleghi;
3) i patti sul compenso vanno redatti in forma scritta e possono adottare qualsiasi tipo di parametro;
4) solo in mancanza di patti in forma scritta, il giudice applicherà gli usi e le tariffe;
5) errori o squilibri nei compensi sono rimediabili con il meccanismo della risoluzione per “eccessiva onerosità” (articolo 1467 del Codice civile), ma solo se emergano circostanze straordinarie e imprevedibili;
6) resta altresì fermo il recesso per giusta causa, cioè per motivi attinenti la sopravvenuta mancanza di fiducia professionale (senza alcun riferimento all’entità dei corrispettivi).
Vi sono poi altri casi marginali, che dimostrano la sopravvivenza delle tariffe: se è mancato il patto sul compenso e la prestazione è avvenuta a favore di un soggetto pubblico, oppure quando il giudice deve liquidare compensi ad avvocati d’ufficio o a consulenti tecnici, le tariffe tornano applicabili. Per tutti gli altri casi, le tariffe sono declassate e possono essere derogate.
Le conseguenze. Se le tariffe vengono meno, restano comunque in vigore i parametri del Codice civile, cioè l’importanza dell’opera e il decoro della professione (articolo 2233 del Codice civile). Ma con patti scritti anche questi parametri sono superabili, perché il professionista può liberamente scegliere l’entità del compenso, ad esempio per esigenze di penetrazione nel mercato.
Eliminato il carattere cogente delle tariffe, diventerà più semplice decidere i contrasti tra committente e professionista. Sarà, infatti, possibile ottenere un decreto ingiuntivo corredando la parcella con il patto scritto iniziale e senza il parere del consiglio dell’Ordine che era richiesto dall’articolo 636 del Codice di procedura civile: tale parere diventerà necessario qualora manchi un patto scritto sull’onorario.
Più complessa sarà la formulazione di offerte di gara per la selezione di professionisti (in particolare tecnici nelle gare di progettazione), perché l’importo economico è un elemento costante delle selezioni e non dovrebbe scendere sotto soglie di sospetta anomalia. Ma per stabilire l’anomalia (al ribasso) dell’offerta non si potrà più fare riferimento alle sole tariffe, bensì dovrà tenersi presente il contesto organizzativo dell’impresa, con un contraddittorio di ampio spettro e tempi più lunghi.
Gli incarichi professionali. Il diluito valore delle tariffe minaccia infine la stessa lettura degli incarichi professionali, fino a oggi suddivisi per momenti di esecuzione: ogni tariffa contiene la minuta descrizione degli atti professionali (dall’apertura della pratica a tutti i passaggi successivi, le verifiche, i momenti attuativi), a loro volta suddivisi in diritti e onorari, in una sorta di radiografia del contenuto della prestazione. Dal 2012 si potrà pattuire una cifra globale, chiarendo solo (articolo 3, comma 5, lettera d) del Dl 138) il «livello di complessità dell’incarico e gli oneri ipotizzabili», senza la scansione delle attività professionali prima leggibile nelle centinaia di voci delle tariffe.
In sintesi, se si pattuisce un importo in forma scritta, non esistono più limiti di “tariffari”, né come soglie massime né come minimi. Un eccesso di pretesa, anche se concordata in forma scritta, resta sindacabile per errore (ad esempio, se il cliente pensava che la prestazione fosse di eccezionale rilievo, mentre era di routine) o per stato di necessità (il cliente ha accettato una pattuizione particolarmente onerosa, costretto da una situazione temporanea di bisogno). Stesso ragionamento per le tariffe minime, perché soglie inderogabili esistono solo per i lavori esecutivi. L’articolo 36 della Costituzione impone retribuzioni sufficienti per un’esistenza libera e dignitosa, ma tale parametro non si applica ai professionisti: se questi offrono prestazioni a compensi ridotti, non c’è sfruttamento ma logica di mercato.