Gli avvocati incassano il via libera del ministro Severino alla richiesta di assegnazione del Ddl di riforma forense in sede deliberante in Commissione giustizia. Ma è una vittoria di Pirro. Il lasciapassare, infatti, è condizionato al passaggio parlamentare per gli snodi fondamentali della riforma: consulenze, specializzazioni, pubblicità, tariffe, tirocinio e incombatibilità. L’attuale formulazione, infatti, non convince il Governo. Dura la reazione dei legali, per il Cnf: “Vogliono fermare la riforma”, secondo l’Oua: “Il provvedimento è stato svuotato”. Intanto, ieri, gli stati generali dell’avvocatura hanno deciso di impugnare i regolamenti sulle professioni e i parametri per i compensi.
I rilievi del ministro Severino
Consulenza legale – Entrando nel dettaglio, per Via Arenula è da rivedere il regime delle consulenze. In particolare non funziona la riserva “in favore degli avvocati in materia di consulenza legale e assistenza legale stragiudiziale”, prevista dall’articolo 2, comma 6, del disegno di legge. “Si tratta di una limitazione, attualmente assente nella maggior parte degli ordinamenti e che non sembra trovare giustificazione nella tutela di interessi generali”, si legge nella lettera della Severino. Non solo, la Commissione Affari costituzionali l’ha già segnalata “come dubbiamente compatibile con la disciplina comunitaria e con la relativa giurisprudenza della Corte di giustizia”.
Specializzazione – Bocciata anche l’impossibilità, sancita dall’articolo 9, nel disciplinare l’istituzione del titolo di specialista, di valutare – in alternativa alla frequenza di corsi – “esperienze professionali qualificanti e significative effettivamente maturate per gli avvocati che sono iscritti da meno di vent’anni”.
Pubblicità – Sarebbe poi una vera e propria “delega in bianco” quella conferita dall’articolo 10 al Consiglio nazionale forense in tema di pubblicità, laddove gli attribuisce “il potere di determinare i criteri concernenti le modalità di informazione e della comunicazione senza stabilire i principi”. Un previsione “lesiva della libertà economica dell’avvocato”.
Compensi e tariffe – In tema di compensi, l’articolo 13, comma 2, in caso di disaccordo tra le parti, afferma “il vincolante riferimento a parametri stabiliti con decreto ministeriale”. Inoltre, al comma 8, prescrive che la determinazione del compenso “può essere imposta ai clienti in via autoritativa dal Consiglio dell’ordine”. “In tal modo – continua il ministro – si reintroducono nella sostanza le tariffe, in contrasto con gli indirizzi normativi citati”.
Incompatibilità – Ma secondo il ministero è da rivedere anche l’articolo 18, che stabilisce “in via generale tipologie di incompatibilità eccessivamente ampie”, come quella relativa a qualsiasi altra attività di lavoro autonomo, a qualsiasi attività di lavoro dipendente anche con orario parziale, indipendentemente dalla sussistenza di specifiche ragioni di conflitto di interessi.
Tirocinio – Non convince neanche la previsione dell’articolo 41, comma 4, per la parte in cui esclude che il tirocinio “possa essere compatibile con qualunque rapporto di impiego pubblico”. Nel comma 5 dello stesso articolo e nel comma 1 dell’articolo 43 appare, inoltre, “incongruo il termine di ventiquattro mesi di durata, in contrasto con la regola generale dei diciotto mesi”.
Le reazioni dell’Avvocatura
“Inaccettabile il metodo con il quale il Governo ha posto delle condizioni al Parlamento per il passaggio della riforma forense in deliberante in commissione Giustizia della Camera. Si profila una prevaricazione che punta a esautorare il Parlamento”. È questa la prima reazione del Consiglio nazionale forense alla lettera del Governo.
“Prendiamo atto di questa decisione – ha commentato il presidente Guido Alpa – tuttavia le condizioni poste dal Governo appaiono non solo irrispettose dell’autonomia del Parlamento ma mettono anche a rischio alcune scelte normative irrinunciabili della riforma forense a tutela dei principi di autonomia e indipendenza di una professione che ha rilievo costituzionale. Siamo costretti a rilevare l’intollerabile deficit di democrazia – denuncia – visto che in uno stato democratico non sono ammissibili limitazioni alla libertà dell’ azione del parlamento. Duole sottolineare che il comportamento del Governo, in quanto volto a escogitare espedienti per ritardare il compimento dell’iter della riforma smembrando il testo, è abnorme e fuori da ogni prassi costituzionale”.
Sì all’impugnativa del regolamento professioni e parametri
Intanto, nella giornata di ieri l’avvocatura – riunita presso il Cnf (presenti la Cassa forense, la quasi totalità dei 165 Ordini forensi e le Unioni, l’Oua e le sei associazioni riconosciute dal Congresso) per fare il punto dopo la pubblicazione in “Gazzetta” dei primi regolamenti del Governo in tema di professioni (il Dpr n. 137 del 7 agosto 2012 e il decreto ministeriale parametri del 20 luglio 2012) -ha deciso di impugnare i regolamenti sulle professioni e i parametri.
La lettera del ministro Severino alla presidente Bongiorno
Francesco Machina Grifeo, Guida al Diritto Il Sole 24 Ore