Si apre uno spiraglio per la vendita dello studio alla STP

tratto da IL SOLE 24 ORE – Venerdì 18 novemvre 2011

Uno schema oggi plausibile e ammesso anche dalla Corte di cassazione

L’uso della forma societaria per l’esercizio dell’attività professionale solleva il problema di gestire l’evoluzione, verso tipologie societarie, degli studi attualmente esercitati come individuali o associati. La cessione dello studio professionale (e quindi del suo avviamento e della sua organizzazione) ha registrato lo scontro epocale tra la visione ideale della professione e

una sua considerazione in termini aziendalistici: da un lato, la concezione dello studio professionale come entità non configurabile a prescindere dal professionista (e quindi non possibile oggetto di cessione); dall’altro lato l’idea dello studio come evidente realtà oggettiva, in quanto organizzazione di strumenti e risorse umane di per sé capace di attrarre clientela.

Ebbene, l’evoluzione verso società si può ipotizzare anzitutto sotto la forma della “vendita” degli studi, individuali o associati, a una Stp nuova che ad esempio si finanzi in banca per acquisire le organizzazioni professionali oggetto di acquisto (e quindi ipotizzando una operazione nella quale i professionisti “venditori” realizzino un valore di avviamento del l’attività ceduta).

Questo schema, che comporta la cessione di uno o più studi a una newco, potrebbe oggi essere ritenuto plausibile, anche alla luce della sentenza 2860/2010 della Cassazione, secondo la quale è valido il contratto di trasferimento a titolo oneroso di uno studio professionale, comprensivo della clientela che non configura non una cessione in senso tecnico, ma un impegno del cedente a favorire la prosecuzione del rapporto professionale tra vecchi clienti e soggetto subentrante. Per passare da studio associato a società, si può poi pensare a una “trasformazione” dello studio in società; però la strada della trasformazione eterogenea “progressiva” (e cioè da ente non societario a società di capitali) appare in salita perché l’articolo 2500-octies del Codice civile prevede come possibile punto di partenza solo «i consorzi, le società consortili, le comunioni d’azienda, le associazioni riconosciute e le fondazioni», e quindi (sempre che l’elenco sia esaustivo) un perimetro nel quale le associazioni non sarebbero comprese. L’operazione sarebbe più facile se si potesse equiparare lo studio associato a una società semplice, perché in tal caso la trasformazione sarebbe omogenea (cioè si parte da una società e si arriva a una società) e quindi non ci sarebbero problemi; e che lo studio associato sia in sostanza una società lo ha affermato la Cassazione nella sentenza 16500/2004 ove, prendendosi in esame la trasformazione di uno studio associato tra professionisti in società in accomandita semplice, è stato deciso che in tal caso si è in presenza di un medesimo soggetto giuridico, sia pure dotato di una nuova veste societaria, con la conseguenza che il rapporto di lavoro dipendente iniziato con lo studio associato prosegue con la società risultante dalla trasformazione comportando la responsabilità di quest’ultima per tutti gli obblighi derivanti da tale rapporto di lavoro.

Si può poi pensare a un conferimento dello studio individuale o dello studio associato in una società, con l’esito che il professionista singolo o i soci dello studio associato divengono soci della Stp conferitaria. Questa operazione, civilisticamente dubbia, ha avuto l’avallo con la circolare n. 8/E/2009 (risposta 1.3) e nella risoluzione 177/E del 2009 quando l’agenzia delle Entrate ha dettato le condizioni in presenza delle quali non si forma in questi casi per il conferente alcuna plusvalenza fiscalmente rilevante.

Il cambio di ragione sociale

01|LA «CESSIONE». Il passaggio da studio professionale a società si può paragonare a una forma di vendita a una società tra professionisti di nuova costituzione che per ipotesi si finanzi per acquisire le organizzazioni professionali (generando una operazione nella quale i professionisti «venditori» realizzano un valore di «avviamento» dell’attività «ceduta»)

02|LA «TRASFORMAZIONE». Si può anche immaginare si tratti di una «trasformazione» dello studio in società. Ma la trasformazione eterogenea «progressiva» (vale a dire l’evoluzione da ente non societario a società di capitali) non sembra ammessa dal Codice civile. L’articolo 2500-octies prevede infatti come punto di partenza solo i consorzi, le società consortili, le comunioni d’azienda, le associazioni riconosciute e le fondazioni, e non quindi le associazioni professionali

03|IL «CONFERIMENTO». Altra ipotesi è quella del «conferimento» dello studio individuale (o associato) in una società. In questo caso, il singolo professionista (o i soci dello studio associato) diventa socio della società tra professionisti conferitaria. Un’operazione dubbia dal punto di vista civilistico, ma che però ha ricevuto il via libera dal fisco (l’agenzia delle Entrate ha infatti fissato le condizioni in presenza delle quali non si forma in questi casi per il conferente alcuna plusvalenza fiscalmente rilevante)

IL REGOLAMENTO. Entro sei mesi dovrà essere approvato il regolamento ministeriale con la la definizione delle modalità di iscrizione delle società tra professionisti agli ordini professionali.

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