Il superconsulente annuncia il «redde rationem». Spending review al Senato sì con la fiducia, lunedì il via definitivo
Con la trentesima fiducia il governo ottiene dal Senato il via libera al decreto legge sulla spending review e sulle dismissioni immobiliari. I voti a favore sono stati 217 (Pd, Pdl, Udc e Terzo polo), 40 i no e 4 gli astenuti. Cifre che dimostrano il crescente mal di pancia espresso da una decina di senatori Pdl contrari alla linea del rigore.
Ma quello che Palazzo Madama ha approvato – e che alla Camera andrà giovedì per un altro probabile voto di fiducia lunedì – sembra sia solo un antipasto di quello che ci aspetta.
Lo ha fatto capire il commissario straordinario per la spesa pubblica Enrico Bondi che martedì – in una audizione alla commissione bicamerale sul Federalismo – si è detto convinto che «il processo dei costi standard vada fortemente accelerato e a settembre ci sarà il redde rationem». Bondi ha spiegato che sui 60 miliardi di spesa censiti l’eccesso di spesa si colloca in una forbice tra il 25 e il 40% «ma agendo con prudenza perché il giocattolo non va mica rotto».
In attesa di vedere quali altri tagli saranno possibili – anche sostituendo la Consip con una «rete di centrali d’acquisto», ha detto Bondi – l’osservatorio sulla fiscalità locale della Uil ha calcolato che la norma che consente alle Regioni in forte deficit di anticipare al 2013 la possibilità di raddoppiare le addizionali Irpef potrà pesare mediamente per 138 euro su ogni residente in Piemonte, Lazio, Sicilia, Campania, Puglia, Calabria, Molise, Abruzzo. Una stangatina che si andrà ad aggiungere alle maggiori spese per gli studenti universitari fuori corsi e ai tagli al sistema sanitario. Mentre Farmindustria avverte che con la norma contro i «farmaci griffati» a rischio ci sono 15-20 mila posti di lavoro, la Cgil e la Uil hanno criticato il testo licenziato dal Senato definendolo «peggiore del precedente» e mettendo in luce il «passo indietro sulle municipalizzate».
Anche Confindustria evidenzia la sanità (tagli ai farmaci) e le società in house come i punti critici del decreto sul riordino della spesa pubblica ma in genere il giudizio è positivo e in una nota Viale Astronomia definisce il provvedimento «un passo avanti nel percorso di riforme avviato dal governo». Anzi, per il mondo delle imprese ci vorrebbe qualcosa di più forte, una «scossa», in grado di far uscire l’Italia e l’Europa dal tunnel della crisi. È questo uno dei passaggi contenuti in un nuovo appello al governo e ai partiti nel presentare un «Patto per l’Italia, l’Europa, l’euro» che verrà annunciato oggi pomeriggio dal «cartello» dei produttori formato da Confindustria, l’Abi, l’Ania, l’alleanza delle Cooperative e Rete imprese Italia.
Lo stesso che il 25 giugno aveva inviato al presidente europeo Manuel Barroso una lettera per invitarlo a fare di tutto per salvare l’euro. In particolare ora il mondo italiano delle imprese chiede un forte risanamento dei conti pubblici contando soprattutto sulla dismissione e valorizzazione di asset pubblici per circa 3 punti all’anno di Pil entro tre anni. E invita l’esecutivo guidato dal professor Monti a «non desistere dal portare avanti entro questa legislatura l’azione riformatrice».
Roberto Bagnoli, Corriere della Sera