Se la finanza diviene una ideologia

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Immaginare di riunire la classe politica e dirigente europea intorno ad un tavolo per iniziare a parlare delle vere cause che hanno innescato una crisi finanziaria senza precedenti sarebbe un bel dono a tutti i cittadini e rappresenterebbe un passo fondamentale per scongiurare l’inarrestabile declino della nostra cara Unione Europea.

I dati sulla disoccupazione e sulla crescita economica sono incontrovertibili e lasciano presagire scenari bui per il vecchio continente. La classe politica europea è impegnata da mesi ad anteporre l’interesse di singoli gruppi e di posizioni personali all’interesse comunitario, mentre al di fuori della campana di vetro europea, il disagio sociale cresce, e come descrive Mario Sechi, Direttore de “Il Tempo”, rischia di trasformarsi in una “bomba sociale”.

Urge una presa di coscienza repentina che il baratro è molto vicino e che la soluzione non risiede nelle sterili regole contabili, nel fiscal compact o nell’introdurre nuove tasse.

Se Konrad Adenaur, connazionale della Cancelliera Angela Merkel, avesse sostenuto il progetto dell’Unione Europea sui modelli di matematica finanziaria, probabilmente oggi all’interno dello spazio comunitario non ci sarebbero più di quattro o cinque Paesi. È stato invece il sogno, la passione per la ragione, la scelta dell’equilibrio culturale e sociale, e non solo di quello contabile, a scandire il suo pensiero e quello di altri europeisti.

La causa principale della crisi risiede nelle logiche del capitalismo finanziario e ha inizio con il crack finanziario americano del 2008. Non ci sono altre cause da ricercare.

Il monito del prof. Federico Caffè, dimenticato da molti degli addetti ai lavori, anticipava le carenze morali dell’economia finanziaria, rappresentandola come se fosse abitata da “… un capitalismo aggressivo e violento, che non sembra nulla a che fare con lo spirito di responsabilità pubblica”. Così infatti è stato, tanto che il sistema economico europeo, a seguito di altalenanti trend e continui scandali finanziari, ha assunto le sembianze di una economia invertebrata.

Per tale ragione sarebbe liberatorio poter immaginare un tavolo di lavoro a raccolta di tutti i leader europei, in cui il prof. Mario Monti, dall’alto della sua indiscussa professionalità, proponesse un dettagliato “Trattato europeo di regole per una finanza sana” in cui far coesistere alcuni principi non negoziabili quali il divieto di investimento da parte delle banche in attività speculative, l’istituzione di una Authority europea per il controllo dei limiti imposti dal Trattato stesso e l’obbligo di destinare la maggior parte dei fondi raccolti dalle banche alle attività produttive e al supporto delle esigenze di investimento privato.

Andare oltre Basilea sarebbe necessario in questo periodo storico e significherebbe osservare da vicino la realtà del sistema finanziario oramai chiamato a rispondere solo a sterili indicatori finanziari.

Martedì 3 luglio, il Prof. Hans-Werner Sinn, Presidente dell’IFO (Institute for Economic Research) , uno dei maggiori centro studi della Germania della cancelliera Merkell, ha affermato che alla Grecia sono stati consegnati una cifra impressionante di fondi per finanziare gli squilibri finanziari, pari a ben 116 Piani Marshall. I risultati sono stati quasi impercettibili, e lasciano presagire che la Grecia a breve termine, sarà costretta a lasciare l’Unione Europea.

Alleggerire i vincoli di bilancio imposti per i Paesi e convogliare i fondi salva Stati destinati a salvare le istituzioni finanziarie, al rilancio dell’economia reale, è un grido malinconico che proviene dalle pance di tutti gli italiani, professionisti del settore e non.

Sarebbe rispettoso anche nei confronti del ruolo educativo che la storia dovrebbe avere, in riferimento al lontano 1929 in America, in cui la speculazione prima, e le politiche austere di Hoover dopo, generarono il periodo della grande depressione, strangolando l’interesse pubblico, l’economia americana e milioni di famiglie.

È un monito che il Prof. Monti dovrebbe tenere bene a mente nella sua attività politica ricordando con forza e passione al tavolo immaginario che se il tempo continuerà a scorrere senza raggiungere soluzioni sostenibili, in futuro al tavolo immaginario potranno sedersi solo pochi fantasmi.
È un compito molto arduo che molti si aspettiamo dal primo ministro Mario Monti, professore di economia e di finanza, prima ancora che politico.

Edoardo RUSCIO, economista, Redazione fareCentro

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