Pressione fiscale quasi al 55 per cento. Lo denuncia la Confcommercio, è d’ accordo la Confindustria, ma soprattutto l’ Agenzia delle entrate condivide la stima. Circa dieci punti in più rispetto alle valutazioni dei documenti ufficiali che ci collocano al 45,2 per cento.
Al 55% si arriva se, nel calcolare la pressione fiscale, ossia il rapporto gettitoPil, si toglie da quest’ ultimo l’ economia sommersa che non produce nessun gettito. Si tratta di un peso che finisce tutto sulle spalle dei contribuenti onesti costretti a pagare anche per gli altri.
LA PRESSIONE fiscale in Italia schizza a livelli record per l’ Europa. Al 55 per cento del Pil, secondo uno studio della Confcommercio che ottiene l’ autorevole avallo del direttore dell’ Agenzia delle Entrate Attilio Befera. «Ci sono tantissimi che evadono – ha detto il numero uno dell’ Agenzia – ma ci sono anche tantissimi che non evadono, una maggioranza silenziosa che sopporta una pressione del 55 per cento e in qualche caso anche superiore, alcuni imprenditori – ha aggiunto Befera – mi dicono al 70 per cento, e la sopporta facendo sacrifici per il senso del dovere».
Sulla stessa lunghezza d’ onda anche il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi che ha addirittura rilanciato: «Secondo me siamo più vicini al 70 che al 55 per cento», ha detto parlando a Cremona. Il dato, emerso da uno studio della Confcommercio e annunciato dal presidente Carlo Sangalli, rende ancora più stringente la questione delle tasse in Italia.
Secondo l’ ultimo Documento di economia e finanza, dell’ aprile scorso, la pressione fiscale in Italia è quest’ anno del 45,2 per cento. Tuttavia il calcolo della Confcommercio, ormai assai condiviso, calcola la pressione fiscale (gettito su Pil) sul prodotto interno lordo al netto dell’ economia sommersa, che non produce alcun gettito fiscale. In questo modo il rapporto sale e indica con chiarezza il peso fiscale per i contribuenti onesti che pagano interamente le tasse anche per i compatrioti che stanno nell’ “economia grigia”.
A rendere la giornata di ieri un vero e proprio tax-day è il calcolo, effettuato dalla Cgia di Mestre, sul giorno di liberazione fiscale: ovvero il giorno dell’ anno in cui il cittadino medio smette di lavorare per l’ erario e comincia a guadagnare per se stesso.
Ebbene con una pressione fiscale ufficiale al 45,1% si lavora per l’ erario fino al 14 giugno, mentre se si prende la pressione reale si deve lavorare un mese in più: con una pressione al 54,8 cadeva proprio ieri il giorno di “liberazione dalle tasse”. Con una pressione al 70% quel giorno slitta addirittura al 12 settembre. «Per far scivolare all’ indietro il giorno di liberazione fiscale bisogna riprendere in mano il federalismo fiscale», ha detto il segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi. Il confronto internazionale sul peso delle tasse, naturalmente, non ci premia. Siamo ai vertici anche se prendiamo come parametro di riferimento la pressione fiscale ufficiale. L’ Italia, con il 45,2 per cento, si posiziona al quinto posto sui 35 paesi considerati dietro Danimarca (47,4%), Francia (46,3%), Svezia (45,8%) e Belgio (45,8%). Il nostro Paese, sottolinea Confcommercio, «supera anche molti paesi nordici, quelli dello Stato sociale funzionante». Si colloca sopra le medie europee e stacca di cinque punti la Germania (40,4%), di sette il Regno Unito (38,1%) di dodici la Spagna (32,9%), di quindici il Giappone (30,6%) e di quasi venti gli Stati Uniti (26,3%). Per l’ Italia rimane comunque centrale il tema dell’ evasione.
A rispettare il fisco, dice Befera, è «una maggioranza silenziosa», ma tanti altri si sottraggono anche se «l’ effetto deterranza» comincia a funzionare. Secondo l’ associazione dei commercianti comunque l’ imposta evasa ammonta a circa 154 miliardi e con tutta probabilità anche nel 2012 il sommerso in Italia viaggia introno al 17,5%del Pil, un quota non eguagliata da nessun altro Paese. Insomma l’ Italia è divisa in due: da una parte il folto popolo degli evasori e dall’ altra i moltissimi cittadini che non si sottraggano al fisco e pagano un dazio così alto anche per conto di coloro che sfuggono al fisco. Il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli, sottolinea la necessita di un riforma fiscale che porti a una «riduzione di una pressione oggi insopportabile».
L’ incremento dell’ Iva per l’ associazione dei commercianti potrebbe tra il 2011 e il 2014 provocare un calo dei consumi reali pari a 38 miliardi. Befera si augura il recupero dell’ idea di un fondo taglia tasse, in cui far confluire i proventi della lotta all’ evasione, anche se le Entrate sottolineano come la priorità spetti alla «tenuta dei conti pubblici».
Roberto Petrini, La Repubblica