Gli istituti di credito vanno salvati in modo strutturale. Altrimenti l’effetto contagio è garantito. E anche in Italia la situazione non è delle migliori
In questi ultimi tempi sembra emergere tra i leader europei una crescente coscienza della necessità di provvedere ad una maggiore integrazione degli assetti e dei processi di governo economici e finanziari nel tentativo di arrivare ad una nuova fase che, salvo l’euro, permetta di consolidare e rafforzare la moneta comune anche per favorire la effettiva costruzione politica dell’Europa.
In particolare, l’obiettivo è quello di porre in essere organismi di vigilanza e, possibilmente, anche di indirizzo del sistema bancario europeo la cui crisi sistematica e strutturale rischia di rendere fragili e temporanee le manovre finalizzate a garantire livelli di liquidità funzionali ad una possibile ripresa economica e anche a sostegno alle banche in crisi di solidità patrimoniale e di solvibilità finanziaria.
Attualmente, l’epicentro della crisi bancaria europea è in Spagna ma lo sciame sismico potrebbe spostarsi rapidamente verso altri contesti, come l’Italia dove la crisi economica sta già fortemente penalizzando le banche locali. In effetti, oltre alla fase di recessione in essere, la crisi bancaria è determinata dall’incertezza nell’intervenire sulle loro logiche operative, separando le diverse funzioni di intermediazione dei capitali che si sono rivelate una fonte di criticità, e sulle logiche di governance che le portano ad essere al di fuori di ogni controllo e di ogni corrispondenza con i risultati prodotti e con gli obiettivi economici d’interesse generale.
Pochi giorni fa il commissario UE al mercato interno, Michel Barnier, ha rivelato che in questi anni gli Stati europei hanno impiegato 4.500 miliardi di euro per il salvataggio delle banche a fronte di un intervento di soli 300 miliardi di euro qualora si fosse provveduto ad un immediato salvataggio della Grecia due anni fa. Peraltro Barnier ha anche affermato che, allo stato attuale, non è possibile provvedere al salvataggio delle banche spagnole, e di altre banche europee, mediante lo European Financial Stability Facility (EFSF) che, peraltro, dovrebbe mantenere come funzione quella di intervenire per fronteggiare la crisi dei debiti sovrani, che rispondono a realtà politico-istituzionali, e non quello delle banche che sono entità private e operanti con logiche di mercato.
E allora perché non provvedere alla costituzione di un fondo sovrano europeo che abbia come finalità quella di intervenire nella ricapitalizzazione delle banche in difficoltà che non riuscirebbero a trovare sul mercato i mezzi propri necessari? Questo fondo sovrano sarebbe finanziato dai governi europei secondo criteri che corrispondono al loro peso relativo nell’economia reale e finanziaria europea, e in parte, anche con meccanismi di contribuzione da parte delle stesse banche sulla base dei fondi gestiti e con logiche di garanzia mutualistica.
Questa soluzione avrebbe il vantaggio di stabilizzare gli assetti patrimoniali delle banche intervenendo nel capitale proprio e non con strumenti di debito, risponderebbe alla natura e alla funzione privatistica delle banche e, tuttavia, permetterebbe di riportare quelle in crisi sotto una forma di maggiore controllo, sebbene indiretto, delle autorità politiche. In questo modo, inoltre, si potrebbe favorire una maggiore integrazione del sistema bancario europeo mediante la partecipazione al capitale delle banche di un soggetto unitario europeo che potrebbe anche introdurre logiche omogenee e più funzionali di gestione e di governance del sistema bancario europeo.
In prospettiva, peraltro, questo fondo sovrano potrebbe essere coinvolto in operazioni di salvataggio ma anche di ristrutturazione e di integrazione di realtà industriali che, per la tipologia delle attività esercitate, hanno una rilevanza strategica per tutta l’Europa e che non potrebbero e dovrebbero essere sostenute dai singoli stati con logiche protezionistiche e nazionalistiche che determinano una minore efficienza e le peggiori influenze della politica.
di Stefano Cordero Di Montezemolo